Fotografie di Pier Costantini
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Milano ti dà, Milano ti toglie – la nuova rubrica in cui Pier Costantini e Letizia Toscano, incontrano e raccontano alcuni personaggi di Milano. Oggi incontriamo Cisky Corvetto.
Milano non è una città semplice, Milano ti toglie, ma è anche una città generosa che sa dare, tu come vivi ed hai vissuto questa dualità?
Milano dà, Milano toglie è vero, nella prima metà della mia esistenza, forse anche di più, ho vissuto Milano combattendola, arrabbiato per tutto quello che non avevo. Rincorrevo l’idea di dovermi conquistare un posto nel mondo, a tutti costi. Ero accecato perché pensavo che appunto Milano mi dovesse qualcosa solo per il fatto di essere io stesso “Milano”; ma con il senno di poi, mi sono reso conto che il problema non era Milano che da o toglie, perché nessuno puo toglierti qualcosa che non hai o che non ti prendi. Il problema sta nell’idealizzare questa città, come la città delle opportunità, del “sogno italiano”, quando questo nella realtà non è, soprattutto se nasci nella periferia e devi ogni santo giorno conquistarti la vita. Sicuramente le cose qui girano bene, ma devi andartele a prendere.
Milano ancora Milano, perché Milano?
Milano sempre Milano e ancora Milano, ma più che Milano intesa come città dovrei dire periferia, periferia e ancora periferia. Perché appunto le periferie sono come buchi neri, che attirano tutto verso il nucleo, non lasciando uscire niente, non solo la luce, ma anche le emozioni, aspirazioni, insomma tutto il buono che hai dentro. Ecco perché poi il disagio si trasforma in rabbia, violenza, delusione e frustrazione, e vuoi prenderti tutto… tutta Milano.
L’identità di chi vive un luogo, definisce l’identità del luogo stesso e viceversa, soprattutto nella periferia. Raccontami come hai visto cambiare la pelle dei tuoi luoghi, quanto velocemente, le tue speranze, i tuoi sogni.
A questa domanda voglio rispondere con un mio verso che credo sintetizzi perfettamente il tema della questione: “l’indifferenza mi tormenta, lunga attesa vedo nel cammino, siamo senza tregua. Apri l’orecchio ascoltiamo e comprendiamoci l’uno con l’altro la vita so come a tutto il termine chissà perché vivi per domani il futuro esistere. Per quanti anni siamo stati rinnegati, niente a noi fu regalato ma lo stesso siamo cresciuti ritrovandoci in posti sconosciuti, eppure ci siamo nati. Adesso giro per la mia città sognando un giorno nel quale il mondo e il modo di viverlo cambieranno.”
L’identità della periferia si nutre dell’identità delle persone che ci vivono.
Ogni spazio periferico ha una sua identità ed in questo spazio si riconoscono le persone che ci vivono, diventando spazio di aggregazione, di incontro, socialità, ed ogni vissuto individuale crea la storia del luogo e della collettività stessa. La periferia è attraversata da dinamiche contrastanti, inclusive, ma anche segregative.
Se fai un determinato tipo di vita, il tempo passa, non te ne accorgi; te lo rubi da solo il tempo, poi quando cresci, ti guardi indietro e vedi come sono cambiate le cose, ti trovi nello stesso posto dove sei cresciuto, ma non riconosci piu nessuno, nemmeno il posto ti riconosce perché sono passati anni; è come se avessi fatto della strada ma poi alla fine non avere niente, come se quella strada non l’avessi nemmeno fatta. Non ti riconosci più, gli altri non ti riconoscono, niente. Quindi, succede che, siamo cresciuti lo stesso in mezzo alle disgrazie, ci siamo nati; siamo cresciuti nonostante tutto e ti trovi in questo posto a te sconosciuto e ricominci da capo.
Ecco il mio sogno sarebbe abbattere i muri sella segregazione, della ghettizzazione e creare un unico progetto di inclusività, ma questo deve partire dal basso, dal popolo, dalla gente, dalla strada.
Giù la maschera! Ora togliti qualche sassolino dalla scarpa. Si fa sempre poco per la periferia, chi è indietro viene lasciato indietro, la strada non perdona; come miglioreresti la situazione o cosa faresti per migliorarla?
Non credo di aver indossato mai una maschera anche se riflettendoci ne indossiamo tutti, e tutti i giorni in varie situazioni, una maschera può essere anche un sorriso che non vuoi fare, ma che devi. Detto questo si fa molto poco per la periferia a parte gli interessi di chi poi ci mangia sopra, per cui spuntano semafori inutili, piazze rifatte due volte, creando tra l’altro piazze di spaccio e ancora più disagio di prima. E spuntano palazzi nuovi e privatizzazione, fondazione Prada, Villaggio Olimpico, ecc ecc. C’è un tendere a ghettizzare sempre di più e a spostare la linea del centro sempre un po’ più in là, sempre più fuori, piano piano, lemme lemme. Io farei una bella cosa e lo dissi già tanti anni fa, prenderei tutta zona 4, un bel recinto intorno o un bel muro, e lo trasformerei nella giostra del disagio: La casa del disadattato. Quindi come una giostra di Gardaland, chi sta bene, chi non ha problemi, chi vive dall’altra parte della vita diciamo così, prende, sale sul trenino e si fa un bel giretto di zona dove ovviamente accadono cose, c’è quello che spaccia, il drogato, quelli che si accoltellano, una bella rapina con sparatoria, gente che muore, barboni in mezzo alla strada polizia e quant’altro, insomma il pacchetto completo, così poi finito il giro prendi vai nella stanza dei gadget e ti vediamo anche la busta finta, una la scaccia cani, magari un coltello in sanguinato perché no?! Ecco come risolverei i problemi della periferia.
Milano ti ha visto nascere o anche rinascere. Ti ha spezzato e abbattuto. Le scelte, gli amori e la famiglia. La città che ha visto la tua carriera spiccare il volo, dove hai inseguito i tuoi sogni. Ogni luogo, è in grado di cambiare in base agli occhi di chi lo guarda. Cosa guardano ora i tuoi occhi?
Cosa guardo adesso e dove sono arrivati i miei occhi… Ormai non sono più rivolti al passato, a tutto quello che è successo alle cose brutte, alle perdite, al dolore, alle mancanze, alla violenza, ma guardano il presente cercando di creare fondamenta per il mio futuro. Cammino piano correndo, un passo alla volta, ricostruendo me stesso, ristrutturando la vita per prendere il mio posto nella società e nel mondo, perché non conto nemmeno più tutte le volte che sono morto e risorto poi grazie a non so nemmeno io cosa, forse grazie a una positività innata che mi ha sempre fatto da faro nel buio. Questo succede quando trovi sempre qualcosa di buono nelle situazioni, anche se di buono non c’è niente. Se osservi attentamente sono tutte intorno a te le meraviglie.