Fotografie e testo di Cinzia Pedrizzetti
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Questo progetto nasce dall’incontro tra cinema e teatro, tra fotografia e arte, tra umanità e forza, tra l’individuo e la sua trasformazione.
È stato un incontro in apparenza causale quello tra me e Donatella Massimilla, la regista che da 25 anni si occupa di teatro in carcere. Certe coincidenze appaiono guidate da una forza universale perché tramite lei mi sono avvicinata ad una realtà che per me era sconosciuta, eppure sembrava disegnata su una mappa familiare e allo stesso tempo affascinante.
Mi sono ritrovata quindi a contatto con un’umanità potente, capace di una grande voglia di espressione e di riscatto. Ho conosciuto il carcere di San Vittore attraverso la sua rappresentazione artistica. Rivolta all’interno come occasione formativa e di recupero, e verso l’esterno come abbattimento del pregiudizio.
Ho conosciuto queste donne che possedevano negli occhi una luce allo stesso tempo fredda e ardente. Non ho potuto fare a meno di immaginare i loro sguardi avvolti da un’aura cinematografica.
La prima urgenza è stata però quella di ritrarle. Non mentre recitavano su un palcoscenico ma all’interno delle loro celle, raccontando i due lati dell’essere umano. Attraverso due atmosfere opposte e comunicanti.
Ho quindi pensato ad un ritratto che vede ogni donna immersa in una luce naturale ma raccontata attraverso i costumi di scena e la potenza espressiva dell’essere attrice.
Un secondo ritratto le presenta invece con addosso gli abiti di tutti i giorni, seppur investite da luci teatrali dai colori saturi. I colori sono stati scelti insieme alle detenute, le quali si sono mostrate senza maschera, con l’energia di una donna che si sente esplodere attraverso le vibrazioni cromatiche.
Con una crew cinematografica di professionisti ed una non trascurabile quantità di materiale tecnico abbiamo scattato questi ritratti che parlano una lingua primordiale.
E’ stato un importante lavoro di squadra in cui la parte più grande è stata data dalla generosità con cui le detenute si sono donate al progetto, affinata dalla visione del direttore creativo Luigi Pane, del direttore della fotografia, della stylist, degli elettricisti e di tutto il personale del carcere che ci ha aiutato e sostenuto con grandissima professionalità, umanità e delicatezza.
Il Dr. Siciliano, direttore di San Vittore, resta in qualche modo colui che vorrei ringraziare più di tutti per la sua proiezione autentica e per aver permesso da una parte al carcere di arricchire il mondo esterno e dall’altra, all’arte di entrare in cella, per uscirne arricchita e potenziata come un pugno di scintille colorate. Irradiando l’esterno e facendo conoscere una realtà che non può essere ignorata e che prima era accessibile a pochi.