Photo by Annalisa Durighello

“Seaview Prison” nasce per caso, durante un mio soggiorno a Cuba. Ho avuto la fortuna di viaggiare con qualcuno che Cuba la respira da oltre 20 anni, dandomi quindi la possibilità di conoscere e parlare con molti autoctoni residenti all’Havana. Sono rimasta molto colpita dalla loro curiosità verso l’altra parte di Mondo, quella al di fuori dell’Isola. Dal 2013 il governo cubano ha abolito le restrizione per ottenere il visto e viaggiare all’estero, ma questo è ancora fuori dalla portata di moltissimi cubani, i quali dovrebbero ad esempio risparmiare la loro paga base (circa 30 euro al mese) prima di potersi permettere di mettere il naso fuori dall’Isola. Thalia, studentessa, studia per diventare guida turistica poiché crede sarà l’unico modo per conoscere le altre, di culture. Emilio è rimasto a Cuba per accudire la madre anziana, mentre tutti i suoi parenti sono fuggiti a Miami nel 1980, durante l’esodo. Li ha potuti ricontattare solo pochi anni fa, quando è stato dato loro l’accesso al web. Marie è nonna, sa di esserlo ma non ha mai visto i suoi nipoti. Juno vorrebbe fare il cantante, sogna di raggiungere la sorella in Germania. Ha cominciato a lavorare con i turisti poiché spera, nei prossimi anni, di guadagnare qualche soldo in più e poter esaurire i suoi sogni. Mi racconta che vorrebbe sposare una ragazza europea, che secondo lui le cubane sono troppo interessate ai turisti, unica via per loro per uscire dall’isola. Queste e tante altre storie hanno invaso la mia testa ed è così che i miei occhi hanno deciso di ritrarli. Limpidi, sinceri, dietro a delle sbarre. E mi sono sentita fortunata perché se nessuno ha mai visto le sbarre davanti al mio viso, è perché faccio parte di quella parte di Mondo dove viaggiare, spostarsi, non è un privilegio ma un diritto.”