Venerus

Fotografie di Alessandro Vullo
Intervista di Alioscia Bisceglia

 

 

 

Come ho chiesto agli altri nelle precedenti interviste ti chiedo di figurarti Milano come una Repubblica a sé stante, circondata, e che in entrata ti facciano le solite domande tipo frontiera, ma non stronzi come degli Stati Uniti, dove mi hai raccontato di avere avuto un problema. Presentati…

Salve… anche qui i documenti(?)…va beh… Sa, quando sono in tour mi fermano i suoi colleghi un giorno su due… Mi può spiegare cortesemente se ho una faccia sospetta o se è altro?…si ‘Venerus’ è il mio cognome, ma è Italiano non è straniero… Al massimo può essere che venga da qualche altro pianeta… No, non sto scherzando… Sa, due anni fa circa da una conversazione simile in America è finita che mi hanno detenuto per 30 ore nella stazione di polizia dell’aeroporto di Los Angeles, spero non abbiate in mente niente di simile… Sto solo tornando a casa, anzi nemmeno, sto solo cercando di andare in studio… di musica… si… ah vuole una foto per sua figlia? No mi dispiace… arrivederci.

 

 

 

 

Da Milano te ne sei andato, ora sei tornato, “puff!” sei ricomparso. E nel mentre?

Si, sembrano davvero come tante vite. Credo che in qualche modo sia realmente così, per lo meno secondo la mia percezione della mia esistenza.

Sono andato via da Milano che non avevo idea di cosa significasse ‘fare’ musica, sono rimbalzato tra la campagna inglese, 4 case in quattro zone di Londra e infine sono piombato a Roma sempre senza avere una chiara idea di cosa mi stesse succedendo… Quando sono tornato a Milano è stato il primo momento dove ho preso una decisione coscientemente negli ultimi anni.

 

Quindi Milano, Londra, Roma ora ancora Milano… in altre chiacchierate ti sei definito un po’ “gipsy” sei tornato a casa o ovunque e anche qui ti senti di passaggio?

La mia sensazione è quella di essere, più che tornato, ‘arrivato’ a casa. Milano era la mia Itaca da cui ero scappato, e avevo una forte sensazione di magneti opposti tra me e questo luogo… Non volevo chiudere il cerchio, volevo vedere cosa c’era dopo. Fino a che, quasi due anni fa ormai, ho sentito che questa ‘maledizione’ era scomparsa, e tutt’a un tratto ero pronto per portare la mia realtà a Milano. In un certo senso mi sento arrivato, mi sembra che il mio percorso sia coerente nel luogo in cui sono nato e cresciuto. Questo non significa che la mia curiosità non mi porterà in altri luoghi, ma qui mi sento a casa, si.

 

 

 

 

Per superare le tempeste e lasciarsele alle spalle bisogna passarci in mezzo. Qual è la tempesta che hai attraversato per arrivare a questo momento che credo tu possa definire felice?

Come dicevo il paragone che mi piace fare è quello di Ulisse… Ne sono successe di ogni, non è stata una tempesta unica… Sicuramente la più grande e onnicomprensiva è quella della solitudine che mi ha sempre accompagnato. Specialmente quando la mia musica non era in grado ancora di parlare per me, e allora ero un po’ emarginato. Avevo il forte desiderio che ciò che facevo prendesse il sopravvento nella mia quotidianità ma non ero ancora pronto al punto giusto. Ho sempre avuto la forte sensazione di una sorta di vocazione per quello che faccio, e volente o nolente ho aspettato tanto il momento propizio per ‘nascere’ nel mondo della musica.

Non capivo quanto tempo dovesse passare o cosa in particolare dovesse succedere perché io potessi finalmente aprirmi al mondo attraverso quello che facevo, poi tutto ha iniziato a incastrarsi automaticamente e magicamente.

 

La musica è la tua prima compagna, che rapporto hai con lei e quanto del tuo “io” le dedichi e gli hai dedicato?

Ultimamente ci sto pensando tanto a questa cosa… Forse perché è da tempo ormai che sono realmente ogni giorno in studio, e la mia interazione con lei non smette mai… Ogni tanto per assurdo penso che dovrei fare più musica o ascoltarne di più, però praticamente ogni giorno passerò almeno una decina di ore ad ascoltare/fare musica… Ora le sto dando quasi tutto me stesso, aspettavo questo momento da tanto tempo e ora che mi si è presentata l’occasione è la mia priorità assoluta. Detta i ritmi della mia vita, delle mie ansie e delle mie soddisfazioni.

 

 

 

 

Hai un’immagine personale, non sei per nulla omologato, ultimamente in tanti ti hanno cercato per associarti ad eventi legati alla moda, ma tu mi hai detto: “non mi piace la moda, ma mi piacciono i vestiti” cosa non ti piace della cosiddetta moda?

Non mi piace l’omologazione che porta, non mi piace che tutti finiscono ad avere gli stessi riferimenti ed interessi. Sono sempre stato affascinato dal mondo delle immagini, di ogni tipo, e alla fine il modo di vestirsi è come la copertina del proprio libro con cui si decide di presentarsi al mondo e alle altre persone. Mi piace giocare con questo concetto e far si che nessuno mi prenda più sul serio del dovuto.

 

Un giorno ti scrissi “se scrivi di altro come scrivi d’amore…” ora per il tuo nuovo lavoro di cosa stai scrivendo? Che tipo di energia stai cercando di creare per continuare il tuo rapporto di empatia con il tuo pubblico?

Un’energia molto interiore, che va nel profondo della mia personalità. Ho scoperto molte cose di me quest’anno, molte altre dimensioni. L’amore rimane qualcosa che mi muove così tanto che non potrà mai uscire dai miei temi, ma ora ci sono altre finestre verso nuovi mondi che sto scoprendo. Anche la musica stessa mi dà da pensare e scrivere…

 

 

 

 

 

Nelle session creative che fai in studio anche con Mace mi hai raccontato che a volte utilizzate micro dosi di LSD per aumentare la percezione e la concentrazione, dicci un po’…

Si è una pratica che troviamo entrambi molto funzionale alla nostra creatività. Di base non ci sono alterazioni della percezione evidenti, ma è un po’ come accendere tutto il cervello e aiutarlo a creare delle connessioni che naturalmente sarebbe assopite. Aiuta anche i rapporti in modo empatico. Cominciano a esserci molti studi a riguardo.

 

 

 

 

 

A proposito di micro dosi, pare che tu stia ottenendo quello che hai sempre immaginato e desiderato poco alla volta e che tu non abbia voglia di accelerazioni o non ti interessi prendere scorciatoie per avere più esposizione, tipo andare Sanremo… Credi di riuscire a mantenere questo equilibrio, distacco e passo?

Credo di sì sinceramente… il tipo di soddisfazione che provo dal mio percorso mi porta a voler continuare a credere ai miei metodi e modi. Per crescere ci vuole il tempo giusto e il tipo di obiettivi che ho sono a lungo termine.

 

 

 

 

Sai che penso tu sia una delle poche buone notizie della musica italiana dell’ultimo periodo, in un momento di relativo piattume e omologazione di suoni hai portato un suono pieno di riferimenti, altri. Piaci alle fidanzate di chi ascolta trap e a quelli più grandi di te. Hai fatto una magia?

Forse?

 

Ultima cosa… che cazzo hai fatto al dito?

Chiedi a Giulia di Angostura