Fotografie di Antonio Ragni
Rubrica: Fuoriperimetro
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Vivo nel ricordo di una cittadina, un posto sul mare Adriatico sconosciuto ai più, un luogo che ho abbandonato molto presto, in cui la mia giovinezza si è formata lasciando spazio alle esperienze. Un luogo anonimo, all’apparenza, quasi di frontiera come del resto tutti quei posti dove c’è un porto, piccolo o grande che sia. Io a Termoli ci sono stato relativamente poco e se devo dirla tutta ci sono stato anche male, ricordo degli inverni durissimi con un vento che ti penetrava nelle orecchie quasi fino a farti impazzire, a volte soffiava anche per settimane. Qualcuno lo chiamava “la filippina” anche se non aveva nulla di esotico ma quel soprannome sembrava perfetto, come una donna minuta dai caratteri orientali che ti urla nelle orecchie qualcosa di incomprensibile. Io a Termoli stavo male e non vedevo l’ora di tornarmene a Milano nella mia casa in Mac Mahon, al sicuro, con vista su famiglia cinese e poi a Lambrate con il suo continuo sferragliare di treni merci. Per lungo tempo ho preferito non tornarvi seppur consapevole di perdermi qualcosa, gli affetti in primis e qualche amicizia, poi col tempo ho cominciato a sentire un gran magone, come se fossi stato privato di qualcosa, nel profondo. Ho sofferto perché mi mancava quel vento che instancabile fischia tra i vicoli, mi mancavano quelle giostre inspiegabilmente in riva al mare, quei Sinti un pò sovrappeso appollaiati a contare gli incassi della sera prima, mi mancava il cemento che ti invade senza logica e quel mare che ti dà da vivere, i cavalli a bordo strada liberi e innamorati e i resti di un incendio doloso a farti più bella, gli anziani che riposano in strada e i redskin a petto nudo a sorseggiare birre. Mi mancavano i cumuli di immondizia un pò ovunque come capisaldi di un esistenza e i ragazzetti che si tuffano dalle barche ormeggiate, i vigili in alta uniforme neri come tizzoni ardenti. Ho imparato ad apprezzarti e a guardarti con nuovi occhi, a leggerti, ad indagare in te come in me, ad omaggiarti come ti omaggia un trombone della banda di San Severo o come Mara, il cui numero di telefono, campeggia in ogni angolo della tua città. Ogni anno ti celebro e ti ricordo perché è l’unica terapia contro il Male Adriatico, quella sensazione di nostalgia di chi ti ha vissuto e desidera tornare a te di tanto in tanto.