Fotografie di Eleonora Sabet
Testo di Paola Locati
Con il supporto di Leo Colonnello
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“Presente” “Prof non ho capito” “Prof può dare l’accesso a Camilla (nome di fantasia)”. Una voce arriva al di là di una porta, la porta della camera di mia figlia, in un dialogo con lo schermo che da quasi un anno è diventato, tranne le parentesi in presenza, la sua aula scolastica. La chiamano DAD, didattica a distanza, ma non c’è nulla di più distante della didattica di questa modalità. Eppure è da quasi un anno che gli studenti delle superiori e le loro famiglie hanno dovuto imparare ad accettarla, a conoscerla, a conviverci. La porta è una barriera che ci separa, siamo vicine ma non siamo mai state così lontane. Mi sono anche ritrovata a pensare anche alla solitudine che hanno vissuto le scuole, da un giorno all’altro popolate solo dall’eco assordante del silenzio. Niente più risate, urla, pallonate, niente più campanelle o macchinette che spillano cioccolata o dispensano merendine. Penso ai ragazzi, chissà come hanno vissuto questi momenti, che soluzioni si aspettavano dagli adulti? Io credo che da qui nasca il silenzio dietro a tante porte. A gennaio alcuni ragazzi hanno detto basta, e hanno provato a riappropriarsi degli spazi loro sottratti; così facendo hanno dato anche ad alcuni di noi adulti una scossa per smuoverci dal nostro torpore. Non mi basta, continuo a chiedermi: dove sono stati i nostri ragazzi in quest’anno di pandemia? Cosa hanno davvero provato? Senza aver la pretesa di proporre soluzioni siamo andati a cercarli per sentire la loro voce, per provare a creare un racconto che rappresenti la testimonianza del vissuto di oggi, per lasciare una traccia domani.
FABRIZIA CAO
– pensi che gli adulti vi abbiano abbandonato?
Penso che gli adulti, o meglio coloro che costituiscono la classe dirigente non ci abbiano mai ascoltato abbastanza, né quest’anno né in passato. La nostra generazione ha impresso lo stigma della nullafacenza, della scarsa capacità pratica, del disinteresse alla cultura ed alla politica, pertanto è molto comune l’opinione che la nostra generazione non meriti incentivi né ascolto.
– cosa è cambiato in te quest’anno?
Sicuramente l’interruzione della routine ha migliorato il rapporto con me stessa e con la solitudine, ma il vuoto nelle giornate è diventato presto insopportabile. Fare tanto sport, in casa o al parco più vicino, è stata una valvola di sfogo fondamentale ed ha migliorato il rapporto con il mio corpo, anche se sono consapevole che per molti miei coetanei la percezione di sé allo specchio è stata forse una fonte di grande disagio. Sentire spesso i miei amici e le mie amiche più cari è stata altrettanto una salvezza, e la lontananza da loro mi ha fatto comprendere quali e quanto solide fossero le amicizie più profonde tra la cerchia molto allargata di persone che frequento.
– il tuo rapporto con la tecnologia al di là della DAD
Non sono mai stata una smanettatrice esperta di computer, e ammetto di aver riscontrato parecchi problemi ad abituarmi alla modalità della DAD. Già prima che avvenisse la pandemia ho sempre preferito di gran lunga gli incontri dal vivo, le chiacchierate, al massimo la telefonata al posto di messaggini che trovo poco significanti. Inoltre, possiedo un account su due social principali sui cui navigo spesso, ma non ossessivamente, e da tempo avevo smesso di seguire tutti i profili, soprattutto quelli di certe celebrità, che mi facevano sentire insicura di me stessa e della mia vita; questa scelta ha permesso di conservare la mia integrità – e sanità mentale – durante il lockdown, perché seppur non abbia niente contro le piattaforme social trovo che abbiano un grande e pericolosissimo difetto, ossia l’indole innata di propagare le insicurezze addosso alle persone.
ANNA FINZI
– pensi che gli adulti vi abbiano abbandonato?
Penso che una generalizzazione dell’argomento sia erronea e discriminante. Ritengo però che, più nello specifico, siano state le istituzioni a trascurare i giovani e ad abbandonarli a loro stessi. Non ricevendo messaggi di speranza e motivazione e non avendo modelli di solidità e coerenza, necessari per costruire il nostro futuro, si è avviato un processo involontario di disinteresse ed alienazione dal conseguire i nostri obiettivi, che culmina con un sentimento di totale mancanza di prospettiva.
– provi più rabbia o fiducia?
Tra le due prevale la rabbia, poiché in questo periodo è stata istantaneamente repressa la continua evoluzione della mia personalità e l’entrata formale di quest’ultima nella società in quanto ente attivo. Inoltre rabbia perché la fascia di età che va dai sedici a vent’anni, comprende un periodo di piena curiosità, da cui nasce un confronto attraverso cui si costruisce un ragionamento critico, un periodo di voglia di conoscere e sperimentare, che implica il viaggio, il divertimento, l’errore e il conseguente apprendimento. Ma purtroppo questa situazione di sospensione ed attesa mi ha portata a sconforto e noia, che sono gradualmente sfociati nel lutto dei miei diciotto anni.
– cosa hai imparato e cosa hai disimparato?
Ho imparato a stare da sola. Sono sempre stata molto estroversa ed espansiva e durante la quarantena ho imparato per la prima volta ad osservare ed apprezzare alcuni aspetti della solitudine che mi hanno portato ad una maggiore conoscenza di me stessa, da sola ho scoperto difetti e li ho affrontati ed ho intrapreso attività pregiudicate noiose e rivelate costruttive.
MARCO PINUCCI
– cosa ti manca di più?
Mi mancano soprattutto tutti i momenti di socialità che prima davo per scontati come andare in cortile l’intervallo o vedere tutti i manzoniani all’uscita o all’entrata da scuola. A livello più generale mi manca viaggiare, andare allo stadio e stare fuori oltre le 22.
– cosa hai imparato e cosa hai disimparato?
Ho imparato ad essere più estroverso in chat e dietro ad uno schermo, dove normalmente rispondevo a monosillabi perché preferisco parlare dal vivo, mentre ho disimparato a mantenere la concentrazione per tempi lunghi, cosa che prima bene o male riuscivo a fare.
– secondo te le occupazioni che ci sono state in alcune scuole cosa hanno rappresentato? Eri d’accordo? Hai partecipato?
Mentre organizzavamo l’occupazione del Manzo sapevamo di stare facendo una cosa un po’ diversa e con forti rivendicazioni ma mi ha stupito e reso orgoglioso del nostro lavoro tutta la solidarietà e la risonanza mediatica ottenute. Non dimenticherò facilmente l’emozione quando siamo usciti da scuola dopo la notte passata lì nel vedere sia studenti che genitori venuti lì per sostenerci.
CESARE BOSI
– chi sei e come stai?
Mi chiamo Cesare Bosi, ho diciotto anni e frequento l’ultimo anno al Liceo Classico Manzoni, mi piacciono le biciclette, la fotografia, la cucina e mi affascinano quelle entità complesse che ancora non riusciamo a comprendere del tutto, come lo Spazio o la fedele e trasparente risposta alla domanda “come stai”
– il tuo rapporto con lo studio?
Ci siamo presi una pausa, dovevamo riflettere sulla mancanza d’interesse.
– hai voglia di proseguire gli studi? Ti senti preparato?
La voglia di proseguire il mio percorso cresce tanto più velocemente quanto meno riesco a godermi il presente scolastico e sì, sono pronto, perché la preparazione necessaria per affrontare l’università non è puramente nozionistica ma, anzi, principalmente interiore, e ho formato la mia interiorità alimentando sempre e comunque le passioni e i rapporti sociali, anche e soprattutto quando una pandemia globale mise tanti paletti da indurmi a desistere.
ROBERT GASI
– cosa ti manca di più?
L’attenzione ad osservare ciò che intorno. Sono sempre stato un grande osservatore, e le piccole cose che costruivano la mia felicità non le colgo più così facilmente.
– cosa hai imparato e cosa hai disimparato?
Ho imparato a reagire con più prontezza ai trigger mentali in momenti intensi. Ho decisamente disimparato, paradossalmente, ad avere la piena gestione del mio tempo.
– come hai vissuto da adolescente questo periodo?
Ho affrontato aspetti e problemi con me stesso che da tempo evitavo, passando uno degli anni se non l’anno più critico dell’adolescenza quasi come fosse un test di improvvisazione.
LUCIA BOURCET
– come hai vissuto quest’anno?
Quando stavo chiusa in casa molto male, nei momenti in cui potevo andare a scuola e uscire molto meglio
– qual è il tuo rapporto con insegnanti, famiglia e amici?
Con gli insegnanti dipende da persona a persona; con la famiglia abbiamo legato molto di più ma una pausa sarebbe gradita; con gli amici sempre più positivo perché abbiamo capito che non bisogna dare per scontato il vedersi
– che differenza c’è fra l’andare a scuola lo scorso anno e andare a scuola quest’anno?
Quest’anno mi impegno molto di più e seguo anche attentamente le lezioni che normalmente non mi interessano più di tanto
TOBIA SEEGATZ
– un anno senza dover andare a scuola ogni giorno, ci avresti mai creduto?
Non avrei mai creduto che una cosa come non andare più a scuola da un giorno all’altro potesse ancora accadere.
– come hai vissuto i rapporti sentimentali?
I rapporti sentimentali sono stati caratterizzati da molti sacrifici e da molta pazienza.
– secondo te le occupazioni che ci sono state in alcune scuole cosa hanno rappresentato? Eri d’accordo? Hai partecipato?
Secondo me le occupazioni che ci sono state in varie scuole hanno dimostrato che c’è una vasta fascia di studenti insoddisfatta del sistema scolastico odierno è che c’è un urgente bisogno di aiuto e di considerazione. Se fosse stata attuata pure nel mio istituto avrei partecipato volentieri.
MADDALENA BIONDI
– pensi che gli adulti vi abbiano abbandonato?
Più che abbandonato, direi deluso. Mi sono sentita delusa dall’apertura di una crisi di governo quando noi non andiamo a scuola da ormai più di un anno, delusa dai fondi sempre più bassi assegnati alla scuola e dall’atteggiamento dei professori che spesso pretendono da noi quello che avrebbero preteso dopo dei mesi di studio normali, che ovviamente non sono nemmeno lontanamente paragonabili a ciò che abbiamo appena vissuto.
– il tuo rapporto con lo studio?
Come ho già detto sono sempre stata abituata a studiare tanto, ma con la didattica a distanza ho sicuramente perso tanta voglia e tanto interesse anche nelle materie che prima ritenevo stimolanti. Si è tutto ridotto allo studio a memoria per prendere un bel voto all’interrogazione.
– Cos’è cambiato in te quest’anno?
Direi, in poche parole, tutto. Alla me di un anno fa direi “preparati, che non hai la minima idea di cosa ti stia aspettando”.
FRANCESCO MARCANGELI
– il tuo rapporto con lo studio?
Il mio rapporto con lo studio è cambiato completamente quest’anno, dal momento che con la didattica a distanza ho perso l’interesse in ciò che imparo, ho iniziato a vedere lo studio come una forzatura perdendo tutta la curiosità.
– la scuola cosa significa per te?
La scuola per me è un’opportunità, è una possibilità che ci viene data per poter vivere una vita migliore, dandoci la possibilità di sviluppare i nostri interessi, sia dal punto di vista della conoscenza e della cultura sia dal punto di vista delle relazioni e della socialità.
– cosa hai imparato e cosa hai disimparato?
In questo periodo ho imparato a usare modi più “creativi” di incontrare o contattare gli altri come le videochiamate, dall’altra parte ho ridotto al minimo i miei rapporti sociali, mi sono reso conto a maggio di quanto fosse difficile relazionarsi con le altre persone dopo tutto quel tempo.
ALBERTO FRIGERIO
– come sei cambiato quest’anno?
Credo di essere maturato molto, inevitabilmente, durante la prima quarantena e altrettanto durante i lunghi periodi di zona rossa tra novembre e dicembre. Ma penso che sia stata una crescita “innaturale” non basata su esperienze fatte ma dettata dalla situazione e la mancanza di distrazioni e della quotidianità.
– la scuola cosa significa per te?
La scuola per come l’ho vissuta è stata un’esperienza fondamentale, penso che per gli adolescenti la scuola sia centrale, come può esserlo il lavoro per un adulto. Per me è stata cosi, infatti la maggior parte dei miei amici li ho conosciuti a scuola, tra medie e liceo. Il vero significato della scuola è il suo ambiente di confronto e di aggregazione che permette agli studenti di crescere
– come hai vissuto da adolescente questo periodo?
La frase “la pandemia ci ha rubato gli anni migliori” sembra banale, ma è molto vera. Io mi sento così, privato degli ultimi anni di liceo, e di tutte le esperienze che comportano. Con questo non dico che avrei voluto che non ci fosse la quarantena o comunque che le misure prese fossero più lievi, ma sostengo che noi tra i 15 e i 25 anni siamo quelli che forse hanno perso di più da questa situazione irreale.
VIBOL COLONNELLO
– chi sei e come stai?
Mi chiamo Vibòl Colonnello, frequento la seconda liceo scientifico al Cremona. Gioco a tennis, a scacchi e suono musica classica al pianoforte. Non sto proprio bene perchè il periodo che stiamo vivendo mi sta facendo stressare parecchio e mi rende particolarmente triste per non poter vedere tanto i propri amici, o se li vedo, li vedo con una mascherina addosso.
– cosa era e cos’è per te la scuola?
– la scuola cosa significa per te?
Per me la scuola era un luogo dove si cresceva, dove si imparava, dove si scherzava, dove ci si disturbava, dove ci si arrabbiava, dove si raggiungeva o non si raggiungeva un proprio obiettivo e soprattutto un posto dove si conoscevano persone nuove come professori o compagni.
Adesso invece per me la scuola è sempre un posto dove si cresce e si impara, ma manca, soprattutto in DAD, quella parte di scherzo e gioco con i compagni, che si può avere solo in presenza e infatti, quando ho saputo del ritorno a scuola, anche se pur scaglionato, ero piuttosto contento…così pensavo prima…adesso sinceramente non così tanto perché non c’è tanto tempo per chiacchierare con i compagni, ma solo per fare delle verifiche perchè i professori hanno bisogno di “voti”.
Io sono contrario a sto tipo di ragionamento perchè la scuola non è un valutare gli studenti, ovviamente non intendo dire che le valutazioni siano superflue, anzi, ma io le definirei relative, perché un voto non rispecchia una persona. La scuola non voglio sia uno stress per ogni singolo voto, vorrei che fosse più che altro un posto dove io non vedo l’ora di entrarci ogni singolo giorno (cosa che non è), sia per imparare sia che per vedere i propri compagni.
– qual è il tuo rapporto con insegnanti, famiglia e amici?
Ho un buon rapporto sia con insegnati che con la famiglia, in particolare con mio fratello, al quale voglio molto bene. Il punto forte della mia vita però sono sicuramente gli amici, i quali mi hanno sempre sostenuto anche nei momenti più difficili.
GIULIO VECCHI
– come hai vissuto quest’anno?
meglio di quanto pensassi
– cosa ti manca di più?
sport e poter uscire senza dovermi preoccupare troppo
– quest’anno “sospeso” cosa ti ha sottratto?
esperienze che non vivrò più probabilmente
VIOLA GORCELLI
– come hai vissuto quest’anno?
l’ho vissuta abbastanza bene perché non ho passato nemmeno un secondo a rimuginare sulla vita normale di prima, ho cercato di adattarmi il più possibile e penso che questa cosa mi abbia aiutato molto a non impazzire. Solo ora comincio ad avere dei momenti di scoraggiamento
– qual è il tuo rapporto con insegnanti, famiglia e amici?
In classe mi faccio abbastanza gli affari miei e non ho un rapporto con gli insegnanti perché non entro in contatto con loro. Prima della quarantena il mio rapporto con la famiglia era normale, stavamo bene insieme però non eravamo molto uniti. la quarantena mi ha dato l’occasione di conoscerli molto di più perché essendo io una persona molto riservata non ho mai avuto voglia di aprirmi con loro e invece in quarantena ho sentito il bisogno di aprirmi e questo ha fatto sì che ci siamo uniti molto. Mi sembra di averli conosciuti veramente per la prima volta.
Prima avevo un bel rapporto con il mio gruppo di amici, durante la quarantena ci siamo persi abbastanza di vista perché abitando tutti molto lontano non ci siamo più visti. Quando poi è finita la quarantena e ci siamo ritrovati tutti, abbiamo incominciato a litigare per ogni minima cosa e ci siamo allontanati definitivamente.
– che differenza c’è fra l’andare a scuola lo scorso anno e andare a scuola quest’anno?
Le differenze sono molte; Innanzitutto restando di più a casa ho avuto molto più tempo di studiare. Inoltre il rapporto con gli insegnati è cambiato moltissimo, abbiamo avuto modo di conoscerli molto di più entrando in contatto con le loro vite, per esempio è capitato che mentre facevamo lezione comparivano i figli degli insegnanti e cominciavamo a parlare riguardo alle nostre famiglie…. altra differenza fondamentale è che stando a casa e facendo le interrogazioni in videochiamata la tensione e l’ansia è diminuita tantissimo, prima io soffrivo molto di ansia e paura per la pressione che mi mettevano i prof durante le interrogazioni, ora invece sono diventata molto più sicura e tranquilla.
PIETRO PONTIROLI
– cosa ti manca di più?
La cosa che mi manca di più è poter passare le giornate in spensieratezza, facendo cose, incontrando e anche conoscendo persone senza la costante preoccupazione del covid.
– qual è il tuo rapporto con insegnanti, famiglia e amici?
Il mio rapporto con insegnanti anche a distanza è rimasto buono e devo ammettere che anche loro si sono impegnati per garantirci un percorso scolastico, nei limiti che accompagnano questo strano anno, buono.
Siamo stati tutti costretti a rimanere vicini ai nostri famigliari come nessuno si sarebbe mai aspettati; a casa mia la situazione è rimasta sufficiente pacifica e tranquilla.
Gli amici mi sono mancati, anche perché per me valgono davvero tanto e preferisco quasi sempre essere in compagnia rispetto ad essere solo. Per fortuna anche nei moneti più duri, portando fuori il cane, sono riuscito a vedere, con le dovute attenzioni, coloro che vivono nel mio quartiere alleggerendo così alcune giornate.
– che differenza c’è fra l’andare a scuola lo scorso anno e andare a scuola quest’anno?
Andate a scuola lo scorso anno rappresentava, come posso affermare ormai da un po’, la normalità; una situazione di vera interazione con compagni e insegnanti. Quest’anno abbiamo invece visto svanire questa vicinanza e la scuola è diventata, a lungo, solo lo sfondo di un computer attraverso il quale vedevamo e in parte vediamo, nella loro cambretta, insegnanti e amici.
MARTINA D’ALESSIO
– cosa era e cos’è la scuola per te?
Per me la scuola prima era banale routine, molto spesso la consideravo una parte scontata della mia vita e a tratti era priva di spunti. Ora la mia visione di essa è sicuramente cambiata perché il diritto allo studio non è più accessibile ad ognuno.
– come sei cambiato quest’anno?
Il 2020 è stato di certo l’anno in cui ho cambiato di più la mia visione personale del mondo che mi circonda, tentando di trovare il mio posto nella società.
– il tuo rapporto con la tecnologia al di là della DAD
Non sono mai stata una persona molto tecnologica, anche se quest’anno inevitabilmente è diventata parte integrante della nostra quotidianità. Ultimamente pubblico molti meno contenuti sui social, forse a causa dell’utilizzo sproporzionato della tecnologia fatto durante questo periodo e della conseguente voglia di avere una vita privata senza doverla mostrare necessariamente a qualcuno.
VITTORIA TADDIA
– cosa era e cos’è la scuola per te?
Per me la scuola era un posto sicuro, dove incontravo e condividevo la mia quotidianità coi miei più grandi amici, dove sicuramente soffrivamo e vivevamo momenti di ansia
insieme, ma era anche lo stesso luogo dove mi divertivo, scambiavo esperienze e saperi e dopo cinque anni era diventata un po’ come una seconda casa.
– un anno senza dover andare a scuola ogni giorno, ci avresti mai creduto?
Un anno senza andare a scuola, non me lo sarei mai aspettata
– il tuo rapporto con la tecnologia al di là della DAD
Il mio rapporto con la tecnologia è pessimo, ho sempre preferito un buon libro 🙂
– quest’anno “sospeso” cosa ti ha sottratto?
Questo anno “sospeso” mi ha sottratto tanto, credo per lo più a livello scolastico, è come se la nostra vita avesse rallentato di colpo e si fosse quasi immobilizzata, molto spesso penso che ci sono cose che avrei voluto fare quest’anno è che potrò fare gli anni futuri, ma
altre, legate soprattutto alla scuola, mi sembrano esperienze perse.