Massimo Pellone

Massimo Pellone vive e lavora a Napoli. Il suo lavoro e` basato su un’analisi dell’essere umano e su come le relazioni, vissute in contesti di disagio e abbandono sociale, possano rivelare la loro vera natura. Usa un approccio molto intimo con le persone con cui si relaziona e delle quali cerca di raccontare, attraverso la fotografia, la storia. Dopo anni di sperimentazioni e lavori minori, nel 2016 prende corpo il primo dei suoi lavori maggiori dedicato alla “terra dei fuochi”: una vasta area abitativa a nord di Napoli, tristemente nota per l’elevata incidenza di tumori nella popolazione del posto. Causati dai rifiuti tossici interrati in quelle campagne nel corso degli anni. Un anno dopo, concentra la sua attenzione sulla coltivazione del tabacco, nella provincia di Caserta, e realizza un reportage sullo sfruttamento di giovani albanesi, figli illegittimi di un caporalato, loro stesso connazionale, che presta le braccia e le vite dei suoi figli ai proprietari terrieri locali. Semplicemente osservando ciò che lo circonda, finisce per denunciare ciò che profondamente lo colpisce. Nasce cosi il racconto, ancora in corso sulle Vele di Scampia. Il complesso residenziale di Napoli, costruito poco dopo il secondo dopoguerra.Queste particolari e geometriche strutture, servivano come case popolari per famiglie in difficolta. Col passare del tempo, – come spesso accade nei posti dove le povertà sono assembrate -, le Vele sono diventate un luogo malfamato. Sede di traffici illeciti. Tutt’oggi sono il simbolo del degrado e della sconfitta di una città che ha abbandonato a se stesse quelle persone. Ghettizzandole.

Le storie di Massimo