Fotografie di Delfino Sisto Legnani
Testo di Francesco G. Raganato
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“D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.”
Così Marco Polo si rivolge a Kublai Khan per raccontargli delle Città Invisibili. Chissà come sarebbe stato il capolavoro di Italo Calvino ai tempi delle infinite domande, ai tempi della rivoluzione digitale. Le città invisibili esistono. Sono fatte di fili, server, data center, centri di logistica, ventole che raffreddano, antenne e tubi lunghissimi sotto gli oceani. Sono città che brulicano di continui e incessanti flussi di informazioni che hanno un impatto decisivo sulla nostra esistenza. Sono città sottoterra, sotto al mare e sospese nell’aria, che noi abitiamo ogni giorno senza farci caso. Milano è una di queste città invisibili. Una città iperconnessa, sempre accesa, sempre raggiungibile. La città dello sharing, dei pagamenti digitali, delle start-up innovative. La città delle connessioni. La parola “connessione” evoca un’immagine impalpabile ed eterea, quella di un segnale intangibile che si propaga nell’aria, penetra quasi tutti i luoghi e raggiunge i nostri cellulari. Non ci chiediamo da dove e come arriva da noi questo segnale. Così come non ci chiediamo cos’è che fa accendere una lampadina o uscire l’acqua dal rubinetto della cucina. Ma la connessione presuppone un’infrastruttura fisica imponente, capillare e nascosta. Un’infrastruttura fatta di ferro, plastica cemento, di chilometri di fibra ottica, di tralicci, di materiali preziosi come il tungsteno, il cobalto. Queste infrastrutture all’apparenza asettiche e fredde in realtà traducono in qualcosa di concreto i nostri desideri, il nostro amore, la nostra rabbia, la nostra malinconia, la nostra creatività. Danno forma, rendono reale e fisico ciò che esiste in potenza dentro ognuno di noi. Il regalo che ho preso su Amazon, il videoclip del mio artista preferito, la canzone che mi suonava mio padre da piccolo, l’amico di amici di amici che son riuscito finalmente ad incontrare, un buon compleanno che arriva da chissà chi, la foto di mio figlio lontano, la mail di lavoro con le consegne per ieri, la carezza di un messaggio d’affetto inaspettato, la voglia di comfort food a mezzanotte, i nuovi episodi della serie del momento. Ho accesso a tutto questo contemporaneamente e ogni volta che lo voglio, cioè sempre. Tutto passa da lì, dai quei fili e da quelle infrastrutture, più di quanto noi immaginiamo. E tutto ci riguarda, senza scampo. Non siamo più soli e non esiste più il caso. Una farfalla che batte le ali in Giappone non sarà più la causa di un uragano in Florida, perché siamo noi, con un tocco di pollice su uno schermo, a far battere le ali di una farfalla o a scatenare un uragano. E non esiste più la solitudine perché c’è un filo nascosto che ci unisce.
Infrastrutture Digitali per Milano indaga il modo in cui le tecnologie digitali esigono e producono nuove tipologie di infrastrutture che modellano il paesaggio della città e del suo hinterland. È un progetto fotografico di Delfino Sisto Legnani, realizzato in collaborazione con Pietro Bonomi, Nicolò Ornaghi e Francesco Zorzi, realizzato in occasione di Milano Digital Week.