È stata la mano dell’uomo.

Fotografie di Elia Bellingardo

Enormi strade bianche, simili a lacerazioni, salgono da destra a sinistra senza la preoccupazione di ciò che c’è o che c’era. Pezzi di marmo staccati, tolti, strappati dai versanti delle cime, come costole strappate da carcasse per cibarsi.
Squarci lasciano vuoti, lasciano cicatrici.

Ho camminato per più di 76 km attraversando una catena montuosa che si estende fra la Lunigiana, la Garfagnana e la Versilia. Le alpi Apuane sono montagne eleganti, aspre e largamente sfruttate. Le rocce, gli alberi, i fiori, gli animali: tutti in questo luogo subiscono una metamorfosi costante, radicale.
Si notano subito le forme geometriche, rigide e convenevoli appartenenti all’uomo che molte volte contrastano, altre volte convivo- no, con le sinuose e affascinanti forme della natura.

La montagna ora è dimora di vecchi macchinari abbandonati, di cisterne arrugginite e strutture metalliche in rovina. In questo terri- torio si contano 165 cave attive e 510 dismesse. Negli ultimi 40 anni è stato estratto più marmo che nei 2000 precedenti.

Cava Calocara, Bacino di Miseglia. Si estende per circa 40 mila metri quadri.
Distese boschive dal Monte Tambura.
Ingresso di una cava ferma per la stagione invernale.
Una forma innaturale ma convenevole creata dall’uomo.
Cava Piastramarina, un deserto che attornia il bivacco Aronte.
Cava Piastramarina d’inverno. Situata sul Passo della Focolaccia a circa 1700mt. s.l.m è la più alta cava delle Apua- ne.
Hitachi EX700BE. 67,6 tonnellate di ferro e ruggine.
Faggi.
Marmo.
Omya spa nel Bacino di Torano.
Un sistema di filtraggio per l’acqua nelle cave Magnani.
Antica stazione di Ravaccione. Attivata nel 1890 era la stazione terminale della ferrovia Marmifera Privata di Carrara.
Marmo 2.
“NO CAVE”.