Fotografie di Pier Costantini
Milano ti dà, Milano ti toglie – la nuova rubrica in cui Pier Costantini e Letizia Toscano, incontrano e raccontano alcuni personaggi di Milano. Oggi incontriamo Robin Slater.
Milano ti dà e Milano poi ti toglie. Ma davvero è cosi, bianco o nero? Esistono delle sfumature?
Milano è una città come nessun’altra. Ha una grinta che ti tira e ti spinge, ha un carattere caro ma crudo, ma soprattutto è il posto che ha il mio cuore. Sono nato qua come straniero e spesso da piccolo sentivo una certa separazione tra me e i bambini locali, ma con il tempo questa cosa è cambiata, perchè ho scoperto che ognuno è diverso, che non doveva per forza esistere questo bianco e nero, che bisognava solamente guardare oltre certi pregiudizi integrati nel nostro sistema per trovare la vera soddisfazione nelle proprie interazioni sociali. Credo che Milano sia un po’ così; ognuno deve decidere come viverla, se vederla solamente in una maniera o vedere tutte le sfumature da cui è composta. Ovviamente ha i suoi lati negativi e positivi, ma credo che percepire un posto solamente da questi elementi sia limitante, perché questa città – come qualsiasi altra cosa – non può essere determinata da solamente due colori, perchè realmente in essa esiste uno spettro di colori anche non visibili all’occhio.
La tua generazione è veloce, sempre connessa, a volte molto annoiata, grandi alti, ma anche grandi bassi; tu sei specchio della tua generazione o la reputi a te diametralmente opposta?
Credo che tutti i ragazzi della mia età siano un prodotto inevitabile dell’evoluzione della nostra società, e nonostante siamo tutti individui differenti e complessi, ognuno di noi rappresenta un pezzo di umanità. Un pezzo molto vasto e variabile, ma accomunato da una singola cosa, la vita nel ventunesimo secolo. A volte pure io, come molti adulti poco empatici, mi rivolgo ai miei coetanei con frustrazione; vedo la mancanza di grinta e di curiosità. Ma poi mi ricordo che dicendo queste cose critico anche me stesso, e capisco che è uno spreco di tempo, che al posto di prendere in considerazione solamente i lati negativi, dovrei vedere potenziale del gruppo di cui faccio parte e partecipare al progresso, invece della regressione.
Ho sentito dei tuoi pezzi, sono rimasto molto colpito; parlami della tua musica, da dove arriva? Quale è il tuo viaggio mentre componi?
La musica per me è sempre stata una cosa familiare, sia nel senso del nucleo genitoriale e di quello più sentimentale. Mi ha sempre provocato sensazioni che potevano solo essere rappresentate dalle melodie stesse che ascoltavo. Le pulsazioni che uscivano dalla cassa mi facevano sognare e rinascere ogni volta, come se fosse il mio rito catartico. Mio padre è un musicista specializzato nel jazz e mia madre faceva la dj nelle discoteche più affluenti di Milano, quindi direi che la nascita della mia passione di creazione musicale era praticamente inevitabile. Nonostante spesso la musica era un regalo che condividevo con le persone più care, il processo di scrittura nasce solitamente nella solitudine di camera mia, con solamente due cose accese: la luce tenue della mia scrivania e la mia immaginazione. Le canzoni nascono da un’idea musicale, una melodia accompagnata da degli accordi e qualcosa da dire. Dopodiché lascio fare il resto alla mia testa.
Pensi mai al futuro? Immediato o prossimo che sia…i tuoi sogni o anche solo delle speranze, ma anche i tuoi timori.
Il futuro è la mia bibbia, il fenomeno più predicato e manifestato nelle mie azioni e nei miei pensieri, tutto ciò che faccio è per la persona che sarò e per il mondo in cui vivrò. Infatti il mio sogno più grande si rivolge attorno al diventare ciò che ho sempre voluto essere, una buona persona, equilibrata e saggia. I miei sogni sono pieni di ambizioni, sono il fuoco che bruciano il legno, sono ciò che mi spingono a migliorare e imparare. Questo si applica sia ai miei obiettivi che distano solo di alcuni mesi e sia quelli che distano alcuni anni. L’avvenire è un mondo immaginario perfetto che vive nella mia testa e per questo non è inquinato da paure e conflitti, anche se alla fine pure quelle sono presenti e necessarie per portare la mia testa a terra, quando ce n’è bisogno.
I tuoi luoghi non sono i soliti luoghi di aggregazione, dei ragazzi della tua età, mi hai portato in spazi molto aperti, cosa ti lega a questi luoghi?
I luoghi aperti sono quelli con cui trascorro più tempo assieme agli amici; sono posti che per alcuni di noi ispirano infinito, dove siamo liberi senza nessuna oppressione. A casa propria si può essere veramente se stessi, ma fuori si può decidere come presentarsi all’occhio sconosciuto. I ricordi sono l’elemento che mi legano di più a questi spazi, ma senza le persone con cui condividerli sarebbe molto diverso.