Giù la maschera

Fotografie di Giandomenico Frassi

 

Ho sempre provato attrazione per le maschere. Per quelle vere e per quelle che indossiamo ogni giorno per la società. Pedalando nella bassa ho incrociato, più volte e per anni, dei manifesti che pubblicizzavano incontri di wrestling a Pavia. Finalmente mi decido a contattarli per andare a fare delle foto. Non so che cosa aspettarmi, se non musica banale, un brogliaccio di cattivi contro buoni, con i cattivi che sono davvero cattivi e scorretti e i buoni che perdono, ma che lasciano intuire che presto, la prossima volta, avranno la loro rivincita. Eppure ne rimango affascinato perché è vero che sembrano dei saltimbanchi di bassa categoria ma sono bravissimi, sono un piacere per gli occhi con questi corpi così diversi: la montagna di carne, la gigantessa, quello che fa il cattivo ma ha il volto di un santo mistico dipinto da El Greco, – e scoprirò anche avere una voce sottile, una timidezza imprevista e un grande carisma – l’altro che sembra un San Sebastiano di un pittore fiorentino che combatte contro uno con la faccia del lanzichenecco. Manca del tutto quello che pensavo fosse l’ingrediente principale. Manca completamente la violenza. Tutto invece è una coreografia, basata sulla fiducia reciproca e la sincronizzazione. Ogni balzo, salto, colpo, non avviene contro l’avversario ma grazie all’avversario che spinge, lancia e offre la superficie per prendere la spinta. E quanto siano belli me ne accorgo solo dopo, riguardando le fotografie.