VOYEUR. LE LUCI DEL CONDOMINIO

Testo di Joshua De Loa e fotografie di Albena Nikolova

Una delle attitudini intrinseche più preminenti dell’umano è, senza dubbio, quella di esser a conoscenza di ciò che è celato dietro al mistero, qual è il segreto delle cose. Un atteggiamento puramente turistico, aneddotico, invadente. Normalmente, lo sguardo voyeuristicamente vorace dello spettatore è infastidito dall’esile ma brusca cornice della finestra incurantemente aperta: l’immaginazione è costretta a soddisfare quello che può essere al di là dei limiti che gli infissi impongono.

Le immagini ci invitano, da una parte, ad adottare come motore dell’atto di vedere, non più la curiosità, bensì l’empatia; dall’altra, invece, ad iniziare a guardare gli altri come ognuno vorrebbe essere intimamente guardato: sostanzialmente, siamo ciò che guardiamo e, soprattutto, come lo guardiamo. Per quanto si tenta di desumere, inesorabilmente si procede con la connotazione. Siamo tutti quanti indagati dall’occhio indiscreto del vicino e del prossimo.

Tuttavia, Voyeur. Le luci del Condominio non ritrae e non ci racconta nulla di eccezionalmente nuovo. La banalità della quotidianità casalinga, la questione della privacy violata e l’insaziabile piacere dell’indiscrezione. Da che mondo è mondo, l’uomo è sempre andato alla ricerca del chiaro nel buio: prima le stelle nella notte, ora, invece, le luci dei condomini romani.