Fotografie di Dimitar Harizanov
Testi di Francesco G. Raganato
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Chi soffre di vertigini non dovrebbe guardare queste foto, perché l’imperativo per scongiurare la paura delle altezze è uno: non guardare giù.
Che poi è un controsenso perché il senso di vertigine non entra dagli occhi, ma viene da dentro, dalle orecchie. Nell’orecchio umano c’è una cavità che ha la forma di un mollusco con la coda da camaleonte e un nome che dice tutto, labirinto osseo, da cui dipende il nostro senso di equilibrio.
L’equilibrio ha sede in un labirinto.
Dimitar Harizanov, l’autore di queste foto, lo sa bene. Passa buona parte della sua vita appeso a dei fili tesi sopra la città, tecnicamente è un “operatore su corde”, ma per tutti è l’Uomo Ragno di Milano.
Nella città più verticale d’Italia servono persone come lui per i lavori di manutenzione dei grattacieli. E quando si parla di manutenzione non si tratta della pulizia dei vetri, ma di complicati test di controllo sulle facciate o del posizionamento di elementi dal peso spaventoso, dagli 800 ai 1000 chili; si tratta di indossare imbracature così strette che dopo 25 minuti bloccano la circolazione sanguigna e valutare con la massima precisione possibile pesi, misure, distanze, tempo.
Dimitar dice che il suo superpotere è l’equilibrio e che il livello di adrenalina nel suo corpo è molto più alto di quello di una persona “normale”.
Padroneggia 12 diverse tecniche di salvataggio su corda e anni fa ha salvato la vita a due persone che erano date per spacciate, tanto era difficile raggiungerle. Ma lui c’è riuscito.
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità.
Un giorno, dalla cima della Torre Unicredit, sospeso nel vuoto a circa 231 metri, Dimitar vede un’alba pazzesca su Milano e decide che deve condividere quell’emozione.
Quindi oltre a tutta l’imbracatura, ai litri di adrenalina, alla soglia di attenzione altissima, alla preparazione atletica e mentale degna di un personaggio Marvel, Dimitar decide portarsi dietro anche una macchina fotografica.
Le sue non sono solo foto fatte dall’alto. Sono foto in 4D dove oltre alle tre dimensioni prospettiche se ne aggiunge anche una quarta, quella della vertigine.
Per questo, guardando le sue immagini, viene quasi spontaneo trattenere il respiro e paradossalmente distogliere lo sguardo per la paura di cadere. Per poi tornare a riguardarle, sicuri con i piedi per terra, ma con un senso di sottile agitazione per quell’occhio dietro la macchina fotografica, appeso a delle corde sopra le nostre teste.