Segregagati e differenti. Rom, azeri e turkmeni profughi senza nazionalità ucraina a Chisinau, Moldavia.

Fotografie di Sergio Attanasio

La guerra in Ucraina ha confermato che alcuni rifugiati sono più rifugiati di altri. Infatti, come riportato al confine con la Polonia, africani, siriani, afgani e indiani, che vivevano in Ucraina, sono stati inizialmente fermati alla frontiera, e solo dopo varie polemiche, sono stati autorizzati ad entrare nell’UE, insieme ai richiedenti d’asilo di nazionalità ucraina. Altra gente che scappava dall’Ucraina ha sperimentato simultaneamente e in modo analogo, un trattamento differenziato, dopo aver varcato il confine con il vicino moldavo. 

Il governo moldavo ha diviso gli ucraini (accomodati nell’ex hub vaccinale dell’Moldaexpo) e chi risiedeva in Ucraina ma non avente nazionalità (accomodati in una fatiscente e sovietica ex facoltà di scienze politiche) per motivi pratici: l’emissione, la gestione e il controllo dei passaporti e documenti annessi. Caterina Lusitina, volontaria di “Moldovans for Peace” e a capo della gestione quotidiana alla ex “Facultatea Relatii Internationale” è di parere diverso: i rom, e le altre minoranze, sono stati divisi dagli altri profughi secondo una logica razziale e discriminatoria: rom, azeri e turkmeni sono trattati da rifugiati di serie B. I bambini non vanno a scuola, gli adulti non sono inglobati in alcun tipo di attività, i letti sono formati da un materasso posizionato sopra un banco di scuola. Al momento di organizzare l’accoglienza all’ex facoltà, le autorità moldave hanno persino messo in dubbio il bisogno di provvedere docce, coperte e cibo decente alla popolazione rom; la scusa era quella di accogliere meglio coloro che non hanno nazionalità ucraina, quindi un motivo legato a documenti e passaporti, è così che il ragionamento però diviene: dividere ulteriormente le persone invece di farle coesistere. Sia i non-ucraini che gli ucraini provengono dalle stesse zone di guerra: Mariupol, Kharkiv, Mykolayiv, Dnipro, gli Oblast di Kyiv e Odessa.

Se da un lato, gli azeri e le altre nazionalità dell’ex Unione Sovietica si sono stabilite in tempi recenti in Ucraina per motivi lavorativi, il popolo rom vive su quelle stesse terre da secoli. Entrambi i gruppi provengono principalmente dal sud e dall’est dell’Ucraina, territori quasi interamente di lingua russa. Tuttavia, l’invasione della Federazione, all’ex facoltà universitaria, è fortemente condannata e Putin odiato. Molte famiglie azere hanno un profondo legame con il Nagorno-Karabakh, terra contesa tra Armenia e Azerbaigian. Diventare rifugiati spesso oltrepassa il tempo, le generazioni e la geografia: spesso non si scappa solo una volta nella vita da un conflitto armato. 

Dopo due settimane e nell’ultimo giorno che ho passato all’ex polo universitario, ho visto un primo autobus pronto a portare gente fuori dalla struttura. Quasi tutti gli azeri che conoscevo erano riusciti ad ottenere i documenti necessari e così avrebbero raggiunto Baku via Istanbul in tre giorni. Al contrario, nuove famiglie azere erano appena arrivate da Odessa durante la nottata appena trascorsa. Nonostante fosse tranquillo il confine moldavo con l’Ucraina in quelle settimane, allo stesso tempo, crescevano i timori legati alla successiva di Putin nel sud-est. Lasciare la Moldavia non è invece facile per i rom. Questi sono bloccati in un limbo; non possono né tornare in Ucraina né spostarsi verso occidente. La metà della popolazione rom (12 milioni in totale) nell’UE e nei potenziali paesi candidati non ha una cittadinanza. Il più delle volte a causa delle regole e dei requisiti di cittadinanza dei vari governi.

I rom (a volte indicati come Rom, Travellers, Tzigani, Sinti, Gitani, Manouch, Zingari ecc.) hanno fatto parte della storia mondiale come chiunque altro, soprattutto se pensiamo alla storia e alla cultura europea. Prove linguistiche e del DNA suggeriscono che i Rom siano originari delle regioni settentrionali del subcontinente indiano; in particolare, le zone del Rajasthan, l’Haryana e del Punjab. Sono sparpagliati, ma la loro densità demografica si concentra in Europa, in particolare nell’Europa centrale, orientale e meridionale. Il sentimento anti-rom risale storicamente all’Europa sudorientale nel corso del Medioevo: storie della popolazione rom ridotta in schiavitù sono riscontrabili nelle cronache risalenti all’Impero Bizantino e ai Regni Danubiani di Romania e Moldavia. Spesso questi individui e gruppi diventavano prigionieri di guerra; durante e dopo le invasioni tartare e mongole. Negli anni ‘30 e ‘40 del XX secolo, la cultura rom ha sofferto ed è stata oggetto di sterminio da parte del fascismo europeo, in particolare dal Baltico fino alla regione balcanica. L’Olocausto rom ha un suo termine specifico di pulizia etnica: il Pharimos (il Divoratore). La minoranza rom spesso veniva assassinata a vista, in particolare dalle Einsatzgruppen (squadroni della morte) sul fronte orientale della seconda guerra mondiale. Durante il Pharimos, il numero totale delle vittime è stato variamente stimato tra 220.000 e 1.500.000. Tuttavia, tale genocidio non fu nemmeno nominato o ricordato al processo di Norimberga. Migliaia di rom europei sono apolidi e molti non hanno documenti d’identità personali per dimostrare chi sono e da dove vengono. Nel 1969 Jimi Hendrix registrava una canzone intitolata “Gypsy Boy” che citava: “Ehi ragazzo Gipsy, da dove vieni – dalla terra del Sol Levante?” 

Per concludere, quindi, sembra confermata la percezione che ci siano diverse categorie di rifugiati. Alcuni sono trattati come tali, altri no. La povertà assoluta riflette indirettamente guerre e persecuzioni politiche. Alcuni sono migranti economici, altri richiedenti asilo. Questa nuova crisi migratoria alle porte dell’Europa sottolinea ancora una volta le contraddizioni dell’UE e del suo sistema valoriale. Frutto della crisi europea è anche la posizione della Moldavia stessa, al bivio tra UE e influenza russa, cerca di fare del suo meglio, nonostante la povertà endemica, nel dare rifugio a chi fugge.