THE CITY UNDERNEATH

Fotografie di Marco Aurelio Mendia

Fin dalla sua nascita, il writing è legato a doppio filo alla fotografia.

Insomma, writing e fotografia vanno da sempre mano nella mano. A volte sono i writer stessi a documentare i loro lavori, a volte persone esterne, come alcuni dei più famosi artisti che abbiano immortalato gli albori del movimento: Nelli, Naar, Chalfant, Cooper, Baugh, Matta Clark per nominarne alcuni.

“Ho provato a dipingere io stesso, ma poi mi sono reso conto che mi affascinava di più l’atmosfera di quel tipo di contesto urbano, quindi qua e là ho iniziato a fare le foto.
Entrare per la prima volta in una metropolitana mi ha fatto sentire un senso di vertigine e di potere allo stesso tempo: la bellezza dei tunnel di cemento, i piccoli fasci di luce delle lampade di servizio, il luccichio dei binari che si perdono nel buio più completo, una sorta
di brutalismo industriale.
Sapere di essere “dall’altra parte”, quindi non quella degli utenti che si servono dei mezzi di trasporto, dava ancora più un senso a tutto questo.”

Marco Mendia ha seguito le missioni di decine di amici appartenenti ad una nicchia del mondo del writing, i cacciatori di sistemi, il target più ambito e difficile da raggiungere per chi voglia mantenere vivo lo spirito newyorkese delle origini, in un mondo che nei 50 anni che ormai ci separano dalla nascita di questo movimento globale, è completamente cambiato.
Perché però prendersi il rischio di raccontare queste imprese, che per la società altro non sono che crimini organizzati, se il fine non è quello di documentare il loro risultato più scontato, ovvero
il “dipinto” che verrà cancellato nell’arco di poche ore senza che, il più delle volte, nessuno lo veda a parte gli addetti alle pulizie e la security?
Per catturare e cristallizzare i momenti, l’adrenalina, le emozioni, la potenza di gesti destinati altrimenti ad essere conservati e distorti nelle memorie dei protagonisti, impossibili da condividere se non attraverso il racconto orale.
Per documentare come cambia la società e raccontare le vite di chi non si piega alla costante privatizzazione dello spazio pubblico, di fatto ormai inesistente, cercando un mondo nuovo, nuove città.

La Città di sotto è invisibile ai cittadini che conducono classica esistenza casa-lavoro-famiglia- produci-consuma-crepa, nonostante la attraversino quotidianamente; le fotografie di Marco raccontano gli sforzi messi in campo da parte di chi invece vuole conoscerne i segreti che possono incarnare il senso stesso della vita: amore e passione, qualcosa che può soltanto essere vissuto, senza badare alle conseguenze.