Photo by Chiara Beretta e Gianpa L.
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Porto di Mare è una delle ultime fermate della linea metropolitana gialla di Milano. Siamo nella periferia incastonata tra i campi agricoli e le arterie autostradali, d’inverno la nebbia copre la visibilità oltre i due metri, d’estate il sole spacca le pietre e dai parchi si alzano i fumi dei barbecue improvvisati. Questo quartiere, storicamente abitato da operai e ora caratterizzato anche da una forte presenza di abitanti stranieri, è diventata la casa del St. Ambroeus Football Club. La maggior parte dei giocatori del St. Ambroeus sono richiedenti asilo e rifugiati politici; la formazione è nata dall’incontro di diverse squadre che portavano la stessa bandiera di inclusione e multiculturalità. St. Ambroeus è il nome, preso in prestito dal santo patrono di Milano, con cui queste realtà hanno deciso di riunire le forze e fare un passo in avanti verso una meta più ambiziosa: iscriversi a un campionato ufficiale FIGC.
I giocatori della squadra meneghina hanno disputato il campionato di terza categoria posizionandosi 10° in classifica. Supportati dalla temeraria tifoseria ‘Armata Pirata’ hanno calcato i campi da gioco delle periferie milanesi portando avanti parallelamente il loro messaggio di lotta contro il razzismo e le politiche repressive degli ultimi anni. Ventotto partite combattute fino alla fine nonostante le tante assenze dovute alle condizioni lavorative precarie dei giocatori; un’impresa non da poco se si pensa agli ostacoli burocratici affrontati per tesserare i membri della squadra. Il loro impegno si è visto anche fuori dal campo, con la partecipazione ai cortei contro la riapertura del Centro di Permanenza e Rimpatrio di via Corelli e al fianco degli attivisti della nave di soccorso Mediterranea. Quando le istituzioni sono assenti, o peggio, non rispettose dei diritti fondamentali degli esseri umani, diventa fondamentale organizzarsi dal basso, per costruire solidarietà tra gli esclusi. Il St. Ambroeus F.C. viaggia in questa direzione, usando lo sport come collante tra le diverse culture e come megafono per le rivendicazioni di giustizia sociale.