Carlo Antonelli

IL CAPPOTTO CHE VIAGGIAVA DA SOLO
Carlo Antonelli

Da un racconto di Carlo Antonelli in memoria di Paolo Caredda.

 

Fotografie di Mattia Zoppellaro
Testo di Francesco G. Raganato
Rubrica: IL GIORNO E LA NOTTE

C’è chi ha giurato di averlo visto in piazza Duomo. O sull’accelerato Genova-Milano (non sull’intercity, perché costava troppo).

Un cappotto beige, lungo, vagamente bertolucciano, anche se il proprietario, Paolo Caredda, avendo gusti molto più raffinati, odiava Bertolucci.

Il racconto di Carlo Antonelli sembra un racconto di Buzzati. La storia del cappotto che viaggiava da solo inizia negli anni novanta. Paolo Caredda, regista, uomo di cultura, amante dei fumetti (suo un documentario su Andrea Pazienza, Fino all’estremo) compra un cappotto e lo indossa per tre anni di fila, da ottobre a maggio, senza mai toglierlo. Senza mai, lontanamente, varcare la soglia di una tintoria.

All’epoca Paolo e Carlo erano quasi coinquilini. “Quasi” perché avevano creato una sorta di comune, nel senso elegante del termine, unendo quattro case di ringhiera in via Sannio dove abitavano dodici persone. Più un cappotto.

Si, perché il cappotto di Paolo aveva ormai preso vita propria, avendo accumulato per anni sulla sua stoffa miliardi di molecole di qualsiasi specie. Questa patina di brodo primordiale aveva reso il cappotto di Paolo un essere senziente.

Un essere che se ne andava in giro per la città, che andava ai concerti, che passeggiava sottobraccio con la fidanzata di Paolo, che ogni tanto tornava a Genova, città del suo proprietario e dell’amico Carlo.

Nessuno ha mai osato mettere in dubbio la veridicità di questa storia. Non ce n’è bisogno, un bagno di realtà significherebbe portare quel cappotto in tintoria, tradendo il lascito di Paolo.

Paolo Caredda non c’è più. Sono rimasti i suoi documentari, i suoi libri, i racconti dei suoi amici, il suo cappotto.

Che fine ha fatto il cappotto di Paolo?

Fa parte di un asse testamentario complicatissimo al quale voglio prendere parte, mi dice Carlo Antonelli. Più precisamente sto avviando una pratica di adozione. Dopotutto è un essere vivente, mica un cappotto.

il cappotto di Paolo aveva ormai preso vita propria, avendo accumulato per anni sulla sua stoffa miliardi di molecole di qualsiasi specie. Questa patina di brodo primordiale aveva reso il cappotto di Paolo un essere senziente.