COL SALAME NELLA MANICA
Gabriele Micalizzi
Fotografie di Mattia Zoppellaro
Rubrica: IL GIORNO E LA NOTTE
2016, luglio. Mi trovavo in Libia, a Tripoli, durante il ramadan. Quando vado a fare reportage di guerra sono solito portarmi una giacca che possa andar bene per tutto: è fondamentale che, all’occorrenza, funga anche da coperta. Quel giorno, arrivato da poco dall’Italia, indossavo un cappotto a metà tra lo spolverino e il paltò, di un colore grigio chiaro. Quella stessa sera sarei andato a trovare un vecchio amico – che qui chiameremo il Pirata – in esilio da diversi anni in Libia.
Dall’Italia, più precisamente dalla Val Tidone, avevo portato un autentico salame piacentino del noto macellaio Maini, ben nascosto nella manica di quel mezzo cappotto grigio chiaro. Ricordo ancora l’espressione del Pirata che, nonostante la durezza imposta dall’epiteto, al momento dell’assaggio del salame era scoppiato in lacrime, commosso: “Non mangiavo un salame da sette anni.” Non trattenne il pianto nemmeno sorseggiando bollicine, sebbene fossero solo quelle di una San Pellegrino frizzante, vero e proprio bene di lusso in Nordafrica.
In quel momento pensai a una frase ben precisa, pronunciata da un collega in riferimento ai giornalisti, ma che credo valga un po’ per tutti: “I giornalisti sono ignoranti, anzi devono esserlo, per non farsi sommergere dagli eventi e per conservare un po’ di sana meraviglia verso la vita. In compenso, imparano in fretta ciò che non sanno o hanno dimenticato.”