intervista a Tatiana Brodatch

 

Intervista di Sebastiano Leddi
Fotografie di
Mario Zanaria

 

 

 

 

Da Mosca a Milano, prima per studio, poi per scelta. Com’è stato il tuo approccio all’inizio e come vivi, ora, la città? Quali sono le analogie e le differenze con una metropoli come Mosca?

 

Milano l’ho scoperta nel 1999, quando sono venuta a studiare architettura a Politecnico.  Risuonava con tutto ciò che mi interessava: design, architettura, anche moda. Erano ancora vivi i grandi maestri, alcuni ho avuto la fortuna di conoscerli – insegnavano al Politecnico. Il mio primo lavoro è stato nello studio Gregotti, in via Matteo Bandello davanti al carcere.   Anni dopo sono tornata già da artista e la mia prima mostra l’ho fatta a Milano.

Era anche il momento di realizzare il mio sogno di quando ero ventenne e così mi sono iscritta all’Accademia di Brera.  Vivo in Paolo Sarpi da otto anni, in una casa di ringhiera a due passi dal parco Sempione. Amo questa zona.  Nonostante sia in pieno centro, conserva le abitudini e l’identità della vita di quartiere. A volte passano settimane in cui non esco dal CAP!

C’e la Triennale, c’e il mio amato Cimitero Monumentale – fonte d’ispirazione. Ci vado spesso. Un giorno forse farò una scultura per una tomba… Piazza Castello con la colazione della domenica, Le Cantine Isola in Paolo Sarpi. Anche il mio studio è qua vicino, un ex negozio con la vetrina in una piccola traversa di Corso Sempione.

Mosca e Milano sono per me due poli differenti. Non amo molto la mia città natale mentre di Milano sono innamorata da più di vent’anni, cosa potrei dire? non sarei obiettiva.

 

 

Nella tua arte, la Libertà diventa un simbolo. Come realizzi le tue opere e perché hai deciso di utilizzare la plastilina come mezzo espressivo?

La plastilina mi è capitata casualmente. Con un’ amica abbiamo deciso di girare un’animazione, La URSS aveva una forte scuola di animazione fatta con la plastilina. Sono cresciuta con quei cartoni. Questa scelta di materiale ci era sembrata evidente. Sono andata a prenderla, ho iniziato a modellare i personaggi e non mi sono più fermata. Era un periodo un po’ buio ma con la plastilina nelle mani stavo meglio, era la mia terapia, con questo gioco woodoo facevo fuori i miei problemi, mi curavo…

La plastilina  è un materiale veloce e malleabile, usato tradizionalmente per fare gli sketch. Era quello che desideravo dopo anni di architettura: catturare un attimo e poter servirlo fresco, che respiri, un po’ come la cucina italiana: ci vuole un’ottima materia prima e un po’ di magia nelle mani. Se ci metti più del dovuto nella manipolazione, il piatto perde l’anima.

Poi ti comunichi sui social che ti danno un feedback immediato. Era proprio quello che cercavo, la spontaneità.  Il mio processo creativo è continuo, quotidiano, io “sogno in plastilina”. Alcuni artisti parlano di questa specie di flow che diventa un opera in sè, dove non conta tanto il singolo pezzo ma il processo, il linguaggio… Ecco, forse sono quel caso lì.

La libertà credo che sia il mio chiodo fisso, tema centrale di tutta la mia vita.

Sono nata nell’Unione Sovietica e da piccola mi sentivo stretta. A sette anni ho avuto i primi “scontri politici” a scuola dove venivo chiamata “traditrice della patria”… si amava il pathos nella retorica. Poi ci sono stati i famosi anni ’90, il crollo dell’ URSS, la caduta del muro. C’era molto entusiasmo per il futuro, avevamo conquistato la libertà.

La libertà per me rimarrà sempre uno stato acquisito, e la paura di perderla non mi passerà mai. Una sensazione che chi è nato libero, come gli europei o i miei stessi figli, potrebbe fare fatica a capire.

 

 

 

 

Non solo sculture, ma anche fotografie. Qual è il processo che segui per arrivare alla creazione delle tue opere? Quale parte diventa fondamentale?

Un bravo attore è spesso comparato alla plastilina; “se ne può modellare qualsiasi cosa” si dice. Per me le mie figure di plastilina sono gli attori e  devono recitare, in foto o video. Scelgo scorci molto personali, come se fossero degli autoscatti, e in un certo senso lo sono.  Alla fine racconto sempre me stessa.

 

 

Quanto ti ha influenzato la cultura russa nell’espressione della tua arte? Ti senti più libera a Mosca o a Milano?

La cultura russa è verbale. I russi sono bravi con le parole, poesia, teatro, filosofia, idee folli…

Io sono visuale e amo la bellezza.

In Italia sto bene come da nessun’altra parte del mondo.

Libertà e bellezza sono la mia fonte d’ispirazione.

Bello poter leggere Pushkin e Tolstoy in lingua originale. Grande letteratura che rispecchia perfettamente il carattere nazionale. E non solo. Certamente anch’io ho alcuni “famosi” tratti russi: sono diretta, ma spesso troppo riflessiva e melancolica, un po’ drammatica a volte, cosi come i miei personaggi. Solare forse non lo sono.  Uno dei miei primi pezzi si chiamava “3 sorelle”, un video-ritratto di tre donne mezze nude che si passavano una canna, un omaggio a Chekhov. Mi sono sempre piaciuti gli archetipi.

 

 

 

Nudità e Intimità sono punti fondamentali del tuo processo artistico. Che importanza hanno nel tuo percorso, umano e autoriale?

 

Nel lavoro volutamente mi allontano dalle problematiche sociali. Mi interessa solo la natura umana, in carne e ossa o in plastilina, il rapporto intimo con noi stessi, la ricerca della propria libertà interiore.

Per me nudità sta per verità. Con i vestiti tolgo tutte le scuse e convinzioni, metto il mio uomo “as is”, nudo e onesto in confronto con sè stesso, vulnerabile e forte.  E lo amo anche, lo aiuto ad accettarsi, a trovare pace. Le mie figure sono sempre un po’ fuori dal tempo e dal luogo.

 

 

 

 

Questo momento storico di stallo ha influito sulla tua creatività? Quali sono i tuoi prossimi progetti?

I mesi della quarantena li ho passati a Mosca con la famiglia, nelle settimane pre-covid ho fatto un progetto per Vogue Russia ma i mesi successivi non sono stati fertili.

Non vedevo l’ora di tornare a Milano, alla normalità, nel mio studio.

Ora sto partendo con un nuovo progetto, sarà digitale con delle grandi proiezioni.

Continua la collaborazione con Seletti – faremo nuove serie… e tante altre cose. Mi sento determinata come non mai – ho tanta fame di lavorare.