Fotografie di Floriana Dinoi
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Nella città di San Cristobal, nello stato del Chiapas, in Messico, vivono varie comunità indigene. I principali gruppi sono i Tzoziles e i Tzeltal che compongono più del 20% della popolazione, vivono in case rettangolari fatte di tetti di paglia e pareti di canne, con un mobilio indispensabile per mangiare e dormire.
L’esterno, dove si trova un cortile con animali, principalmente galline, maiali, e pecore, è lo “spazio” della donna a cui, insieme alla casa e i figli, si deve tradizionalmente dedicare. La violenza e la discriminazione nella vita famiiare, comunitaria e istituzionale, sono principi fondamentali per capire un sistema sessista, autoritario e antidemocratico, che prende la grande maggioranza della società del Chiapas e tutto il paese.
Le donne indigene che girano a piedi nudi per San Cristobal vendono i loro prodotti colorati, sono silenziose, reticenti. Queste donne che incontravo per la città scendono dalle montagne la mattina alle quattro, e prima di andare a lavorare si dedicano principalmente alla casa, preparano da mangiare, svegliano gli uomini, preparano i bambini per la scuola, lavano puliscono, controllano gli animali, tessono, vanno a prendere l’acqua, legna e durante la semina lavorano nel campo.
Ma altre donne, rivoluzionano da un momento all’altro il ruolo di figlie, donne e madri sottomesse. Questo grazie alla legge rivoluzionaria sulle donne che uscì nel 1993.
Dalle montagne del Chiapas le donne indigene lottano contro patriarcato e colonialismo. La vita di queste donne, prima delle leggi – è stata intessuta di violenza fisica e psicologica: c’è stata una forte carenza di nei confronti della salute riproduttiva, la spoliazione delle terre, delle risorse naturali che appartengono ai loro territori, come l’elettricità, l’acqua, i boschi e il petrolio. Da diversi decenni alcune delle donne indigene hanno dato vita a una lotta contro la subordinazione di genere perché subiscono molteplici oppressioni: per essere povere, donne e indigene.
La lotta delle donne va inserita all’interno di quella dell’EZLN (Ejercito Zapatista de Liberaciòn Nacional), ovvero un percorso circoscritto norme contro ogni discriminazione sessista, per l’autonomia personale, per l’emancipazione e la dignità. L’EZLN si è fatto conoscere in tutto il mondo a partire dal ’94, ove la popolazione indigena ha deciso di vivere secondo le proprie regole di democrazia diretta, si è avuta la rivoluzione delle donne, che è allo stesso tempo parte e inizio della rivoluzione stessa. E’ un movimento clandestino anticapitalista e libertario legato al territorio del Chiapas, uno dei più poveri del Messico. Fino al 2014, il portavoce dell’EZLN è stato il sub-comandante Marcos. L’EZLN nasce da una piccola organizzazione politico-militare che sceglie come sua base la montagna, nella Selva Lacandora.
La comunità zapatista è formata da indios discendenti dai maya si identifica con la lotta dei popoli indigeni contro i conquistadores europei.
Una storia di popoli che sono stati conquistati con la violenza e che hanno resistito e che oggi, più di cinquecento anni dopo, continuano a resistere e sono riusciti a conservare molte delle loro tradizioni.
In generale la resistenza, come azione sociale collettiva, è opposta da gruppi indigeni in reazione ai tentativi d’invasione del territorio che abitano, un atto di difesa territoriale e culturale da parte di gruppi indigeni contro un’offensiva di forze straniere.
Ovviamente, le donne indigene del Chiapas non possono essere generalizzate, ma vanno comprese nella loro pluralità: ci sono donne molto diverse tra loro, sia per esigenze espresse che per quelle inespresse. Le donne indigene, dunque, si differenziano su tanti aspetti: quello economico, sociale, etnico, famigliare, sessuale e caratteriale.
Alcune donne indigene sono ancora imprigionate in questa oppressione, le donne zapatiste al contrario, rivoluzionano il sistema oppressivo dando voce a tutte quelle donne che vivono in una condizione di sottomissione familiare e lavorativa.