Fotografie di Louis De Belle
Testo e didascalie: Valentina Negri
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Incontriamo Kasem un sabato pomeriggio, nel suo appartamento a Milano sud, dove vive con la famiglia da quasi trent’anni; in casa ci accoglie il cugino Mahdi, anche lui venuto in Italia dal Libano per studiare medicina, la moglie Zeinabh e la figlia Rukaya.
Kasem ci prepara il caffè mentre Zeinabh ci mostra la stanza della preghiera: un locale spoglio, con il tappeto steso sul parquet in direzione Mecca e i vestiti da stirare appoggiati sulla poltrona accanto. Mahdi si accende una sigaretta e ci spiega che per gli sciiti, come per tutti i credenti musulmani, Allah è l’unico Dio e Maometto il suo profeta; lo scisma all’interno dell’Islam affonda le sue radici nel 632 d.C., cioè quando dalla morte di Maometto, una parte dei fedeli decise che il successore doveva essere Ali, cugino e genero di Maometto, designato e istruito dal profeta stesso. Da quel momento i suoi seguaci divennero “shiaat Ali”, ovvero i partigiani di Ali.
Ayatollah: “per noi la figura del Grande Ayatollah è molto importante, è un esempio e una guida spirituale”
Ayatollah: “per noi la figura del Grande Ayatollah è molto importante, è un esempio e una guida spirituale”
Rosario: “è un simbolo per tutti i musulmani, questo era di mio nonno, passato poi a mio padre e infine a me, è una delle poche cose che mi sono portato dal Libano, mi ricorda mio nonno mentre ripeteva i 99 nomi di Allah, ogni giorno, nel cortile di casa”.
Il Corano: anche per gli sciiti il testo sacro di riferimento è il Corano.
Anello: sulla pietra sono incisi i nomi del Dio, del profeta e dei santi più importanti del culto sciita: Allah, Mamometto, Ali, Fatima, Hassan, Hussain.
Portafoglio: “ci sono alcune sure del Corano a cui tengo particolarmente, le sure che ti proteggono, per questo le porto sempre con me”
Tappeto e pietra: la pietra è fondamentale per la preghiera degli sciiti, viene appoggiata sul tappeto nel punto in cui si china la testa; è fatta con un’argilla proveniente da Kerbala in Iraq, “ci viene portata in dono da chi va in pellegrinaggio nei nostri luoghi sacri iracheni, Kerbala e Najaf”.
Spada di Alì: “mi è stata regala alla nascita dai miei genitori come da tradizione, Dhū l-fiqār è la spada appartenuta al nostro primo santo Alì, rappresenta per noi il massimo simbolo degli sciiti”
Borsa + Corano: “noi sciiti abbiamo tre momenti di preghiera giornaliera, ed è importante rispettarne gli orari, per questo l’Ayatollah ci ha dato il permesso di poter pregare seduti in aereo quando sai che il tuo volo atterrerà dopo il tramonto”
Mano: “la mano è il triste ricordo della battaglia di Kerbala dove ad Abbas, uno dei nostri santi, vennero tagliate le mani per impedirgli di salvare Husayn; leggenda narra che afferrò la spada con la bocca e combattè fino alla morte. Da quel giorno per noi il mese della ‘Ashura è un mese di lutto, ci ricorda la perdita di molti fratelli sciiti. L’azzurro invece, è per noi un colore importante, protegge dal male”