Photo by Josè Risi Limbert
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Da ormai tre anni vivo a Milano, in Bovisa, un’ex zona industriale di periferia che è cambiata tanto da quando al nome della fermata del treno si è aggiunta la parola “Politecnico”. Ma di certo continua a non godere di particolari trasformazioni estetiche, tra desolazioni e transenne invalicabili. È un quartiere che probabilmente ancora non è riuscito a togliersi la sua cattiva reputazione.
Ogni domenica mattina, nel parcheggio di fronte alla stazione del treno, prende vita un mercato dell’usato – e non solo – che da quando mi sono trasferito ho sempre sentito chiamare scherzosamente da amici e non, “mercato del rubato”. Condizionato da questa premessa, lo osservo e cerco di catturare l’aria che si respira.
E’ un periodo in cui mi domando tanto quale sia davvero il significato della fotografia per me. E nella street photography ho riscoperto una condizione fondamentale: quella di domandarmi come rappresentare un luogo o una persona e come la sua esperienza si incontra con la mia. Reputo essenziale fare riferimento alla mia storia ed essere cosciente della mia posizione quando fotografo qualcun altro.
Allora, fare esperienza di questo momento non può far altro che stupirmi: osservando volti diversi, interfacciandomi con chi è contento di farsi fotografare, chi me lo chiede e chi mi minaccia, notando i dettagli e cercando di scoprire ed evidenziare il bello.
Ecco cosa ho trovato al mercato della Bovisa.
Una cosa ancora non l’ho capita, anche se non credo mi interessi davvero: da dove proviene la merce.