Fotografie di Lorenzo Palmieri
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Da Via Piranesi a Viale Argonne, tracciando strade rette e oblique, si può attraversare la provincia italiana. Un enorme rettangolo urbano. Qui non vedi solo Milano e l’Europa, eppure le senti entrambe. Con gli occhi di un Monicelli di turno, puoi entrare nelle trame di un piccolo paese. Non importa dove sia, è qualcosa di eterno, una sorta di ancestrale comunità italiana catapultata in un presepe contemporaneo. Gli altri popoli si incastrano e la contaminano fino a produrre una nuova comunità che pulsa ritmicamente in un quartiere.
Risuona “Un medico” di De Andrè, ma dalle sembianze vagamente manzoniane. Puoi scorgere un frate di paese nel suo giardino a pregare in attesa della messa e due suore aprire le tende per far entrare la luce della controra. La signora monda l’insalata, mentre il barbiere stende la schiuma al figlio della barista. La famiglia con il cane che va a fare la spesa come negli anni ’50, ma in un contesto urbano dal sapore nordeuropeo. Un egiziano lava e stira di tutto punto un vestito da sera per una giovane donna milanese, due passi più in là, una coppia di cinesi prepara un piatto di spaghetti di soia con verdure.
“Era come un mal d’Africa”, cantava Franco Battiato, eppure quel passato non rimane mai lì da solo e si ritrova continuamente presente e futuro. Garibaldi è ancora appeso al muro a ricordare un’Italia ottocentesca, la stessa di un vecchio orologiaio dove il tempo si è fermato. Non è nostalgia, bensì un corto circuito, un realismo fantastico.
Un’Italia, apparentemente scomparsa nelle generazioni passate, sembra rivivere nelle trame di Via Piranesi e Via Lomellina, o “Lomella”, così come veniva chiamata in tempi di guerra. Questo è un quartiere che ha sempre raccontato una storia di popolo e di comunità. Qui c’erano le baracche, sapientemente raccontate da Beppe Viola, giornalista che ha vissuto nel profondo ogni angolo di strada di questa Milano un tempo periferica.
Immagini reali e nel contempo immaginarie. Una visione sul tempo e sui tempi. Un tempo passato che ritorna presente e viceversa, un macro che diventa micro, una contaminazione tra popolo e popoli. I tempi lenti e veloci di una Milano di quartiere così europea e così italiana.
La provincia ha preso casa in città e non ce ne siamo accorti, mentre io volevo soltanto fare il fotografo di paese.