Fotografie di Valentina Borgato
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Il Coronavirus ha conseguenze importanti sulla salute fisica e mentale di chi ha contratto la malattia, ma non solo: lo stop forzato dovuto al lockdown, la crisi sociale ed economica, il crollo delle certezze e le tante difficoltà individuali e governative hanno prodotto un trauma che ha colpito duramente il corpo sociale.
Prima generazione ad essere più povera rispetto a quella dei propri genitori, da sempre sottoposta a una situazione di precarietà con continue incertezze lavorative e con enormi ostacoli nella possibilità di pianificare il proprio futuro, quella dei Millennials è una realtà che diventa ancora più fragile a seguito del Covid-19.
Questo progetto si presenta come un ritratto pandemico generazionale: attraverso i volti, le testimonianze e i paesaggi intimamente connessi ai soggetti ritratti, ho voluto restituire le difficoltà psicologiche ed emotive che la mia generazione si è trovata ad affrontare durante la pandemia.
DAVIDE, 28 anni, studente di Scienze Naturali
La pandemia ci ha tolto speranze che stavamo ancora cercando.
Ha rimandato la nostra ricerca del senso ad un futuro sconosciuto
Ci ha costretto ad una condizione di pausa passiva, in attesa di quando ci piomberà addosso un mondo completamente diverso, che sapremo interpretare ancora meno del precedente
VESNA, 33 anni, ricercatrice universitaria
Io che non guado nessuno negli occhi, vorrei vedere lo sguardo di un altro essere umano, vorrei non immaginarmi la sua espressione e riempirla della mia immaginazione, vorrei non sentire voci estranee senza un volto, io che fuggo sempre nella mia testa, vorrei solo fuggire dalla mia testa.
RICCARDO, 30 anni, artigiano
Eppure le mie mani non tradiscono.. le trovo così sproporzionate, grandi, dure,
pallide. Anche adesso mentre scrive ci sto giocando. È un dettaglio che conosco, un tic forse, che
cerco di nascondere, come sto nascondendo me stesso, slegandomi dal mondo, lasciando che
tutto mi scivoli sopra senza attrito, invisibile al cuore.
ANDREA, 28 anni, maestra
Siamo diventate ben presto isole scollegate tra loro ma in eterno collegamento Zoom, isolate dietro la linea che ben separa la cattedra dai nostri bambini con il sorriso nascosto dietro ad una mascherina. Sole e in solitudine, private della bellezza del contatto fisico ed emozionale che questo lavoro regalava.
GIUSEPPE, 29 anni, musicista
Oggigiorno sentiamo di aver perso le speranze nel futuro
E non costruiamo più sogni di gloria.
E’ un momento dove chi non può sperare
Crede di dover abbandonare persino la sua stessa pietà.
E’ una verità che è troppo semplice ma anche troppo indecente
Da ogni continente piovono sentenze
Come spari sul pubblico trafitto da un indomito trasmettere
L’inverno adesso è senza nome ed è senza sole
Nella pandemia del kaos.
ELISABETTA, 26 anni, tutor
Per me è uno strazio vedere nei volti delle persone lo stesso dolore che provo io. Non c’è più definizione di dove inizio io e dove gli altri, proprio perché condividiamo l’angoscia di sentirci bloccati e inariditi, senza possibilità di evoluzione. Allora, il desiderio, dal sapore antico e distruttivo, è quello di radere al suolo ogni cosa, purché ci sia un movimento, di strappare la carne a mani nude.
E’ una rabbia incandescente che mi fa sentire viva e che provo in silenzio.
Che spesso, siccome non la posso usare, mi scuote in pianto.
GIORGIA, 27 anni, studentessa di giurisprudenza
Mi sembra di essere in uno di quei film in cui il protagonista rivive lo stesso identico giorno ogni volta da capo.
Allora inizio a sfogliare compulsivamente la galleria del telefono per ricordarmi com’era la mia vita prima della pandemia.
Mi sale l’angoscia. “Sono un’inconcludente” mi ripeto. Il respiro si fa affannoso, le gambe mi tremano e il cuore batte a mille. “ecco ne è arrivato un altro”.
A volte, poi, mi capita di sentirmi così disperatamente sola.
ANDREA, 38 anni, traduttore
stanotte ho avuto gli incubi ho perso la notte, ho perso l’anima ma poi mi sono alzato e sono andato al tavolo in cucina e ho scritto tutto quello che mi stava perdendo il futuro senza che l’avessi mai avuto. Tu, animale senza presente, scrivi questa frase per liberarti del contagio del tempo, del senso, del tempo, del senso:
il dolore rende intelligenti
il dolore rende intelligenti
il dolore rende intelligenti
[…]
FLAVIO, 35 anni, cantautore
Roma, 24.01.2021 ore 15.30, “Quadretto”
[…]
Maledetti i tetti
Benedetti i letti
Ti capisci: è il contrario
E riprendi l’orario
[…]
MATTIA, 28 anni, dottorando
la sensazione prevalente che sento è quella dell’immobilità, immobilità mia e dell’ambiente che mi circonda.
Grazie alla tecnologia posso formarmi e cercare opportunità ma, nonostante ciò, sento che la mia formazione è completa solo a metà: sia dal punto di vista lavorativo perché i programmi che mi ero fatto sono sfumati, sia dal punto di vista umano. E, ahimè, non potrò più recuperare
ISABELLA, 27 anni, insegnante
Eri seduto davanti a me.
Bevevi il tuo caffè e mi raccontavi il tuo vissuto.
Io assorta, ancorata al manico della mia tazzina, fissavo a distanza tutti gli angoli del tuo viso, quelli che non avevo mai visto.
Pensavo all’ultima volta che ero uscita con qualcuno.
Nel rumore della mia vita frenetica dello scorso inverno non avevo sentito la mancanza di nessuno.
Si sa però che quando il ritmo tace, il silenzio lascia spazio ai pensieri più silenti dell’animo.
Ho sentito il silenzio trasformarsi in solitudine e la solitudine in desiderio di una carezza che fosse quasi più profonda di quella di una mamma. Desideravo un respiro che riempisse il mio e la gioia di una metà dolce che abitasse il mio spazio.
Ti sei alzato e ti sei diretto alla porta di uscita; io ti ho seguito.
Hai preso in mano il tuo ombrello blu a quadretti e abbiamo iniziato a camminare insieme nella piazza, diretti verso casa, protetti dalla pioggia, ma non dalle nostre paure, quelle di toccarci, di sfiorarci.
Ti camminavo accanto in silenzio
Avrei desiderato baciarti.
Mi chiedevo se esistesse un modo sicuro per farlo…
VALENTINA, 25 anni, laureata in Scienze Internazionali
Rabbia, limitazione, pesantezza, frustrazione.
Mi sento in una morsa dalla quale non riesco a liberarmi, schiacciata dalle mie ambizioni che non riescono a realizzarsi. Devastata dalla pressione sociale che stabilisce i tempi di raggiungimento dei miei obiettivi personali.
Questo tempo mi ha tolto il futuro. È come se qualcuno avesse deciso di spegnere la luce e ora, davanti a me, non vedo che il buio.