Fotografie di Carmelo Stompo
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Tutto il cibo che mangiamo dipende da un sottile strato di terra coltivabile: appena trenta centimetri “condizionano” la vita di un intero pianeta. Il suolo esiste da 450 milioni di anni ma nel corso degli ultimi due secoli stiamo assistendo alla sua distruzione. La carenza d’acqua, le alluvioni, il riscaldamento globale e le scelte politiche “scellerate” determineranno la desertificazione di più di un quarto del pianeta e circa un miliardo di persone non potranno più essere sfamate.
E se la situazione più drammatica è sicuramente quella africana, anche l’Europa non è immune al problema: circa il 65% delle aree agricole europee è stato già colpito, soprattutto nei Paesi mediterranei.
In Sicilia le aree interessate da desertificazione sono addirittura il 70%: scenari drammatici in un’isola dove il suolo riveste un’importanza fondamentale per l’agricoltura.
Con la crescita incalzante dei territori inospitali aumenteranno le ondate migratorie e, nel “Mezzogiorno”, terra a rischio desertificazione sociale e umana, si continuerà ad emigrare, non fare figli e ”inaridirsi”…
“La terra sotto i piedi” nasce proprio da una problematica molto attuale ma che per molti non esiste. Spesso le cose che sono lì,davanti ai nostri occhi non le vediamo o, qualche volta, facciamo finta di non vederle, perchè pensiamo che sia un problema che non ci riguarda. Sicuramente uno degli obiettivi che cerco di raggiungere ogni volta che faccio un progetto è proprio quello di far vedere agli altri quello che spesso non vogliono vedere!
Il legame viscerale che ho per la mia terra (ma forse è un luogo comune a noi siciliani), mi porta a fotografarla attraverso uno sguardo lento che consiste nel soffermarsi sia nella realizzazione dello scatto che nella fase di editing. Dietro ogni immagine c’è un modo di pensare, di essere e di vivere.
Quando ho iniziato a fotografare andavo in un posto che mi ero prefissato ma poi, quasi sempre mi perdevo nell’immensità del nostra isola-continente; spesso partivo per portare a casa certe immagini, ma invece ne trovavo altre che mi ossessionavano molto di più. E la parola “ossessione” che può sembrare quasi esagerata mi ha sempre accompagnato nei miei lavori; si, perchè penso che quando lavori a un progetto devi appunto ossessionarti.