Marco Latini
Tutto inizia nel 1997 a Milano, nel quartiere Vigentino per voler essere pignoli,
una località posta nella periferia meridionale della città appartenente al municipio 5.
Marco, con un padre lavorante nel mondo della televisione ed una madre con la passione per l’arte, cresce circondato da forme di espressione creative, conteso tra la realtà e l’Io.
Va da sé che fin da piccolo Marco ha la passione per il disegno, che coltiva rappresentando su fogli bianchi ciò che vede e ciò che apprezza, dando colore e vita a lavori che fieramente mostra a parenti e compagni di classe.
Con il passare degli anni, la sua passione giunge all’età dell’adolescenza, perdendo infatti la fanciullezza e dando spazio, oltre al disegno, anche alla storia dell’arte ed ai graffiti.
È proprio questa forma di arte urbana a rapirlo maggiormente in quegli anni, complice il fatto che la città di Milano, ha intere vie ed interi palazzi tatuati fino al tetto da pensieri, emozioni o semplicemente disegni, lasciati da chi ha provato a trasmettere qualcosa.
La svolta, quella in grado di riaccendere il fuoco in una passione che andava a spegnersi come un fuoco sotto l’acqua, arriva quando Marco compie 18 anni e gli viene regalata una macchina fotografica. Inizialmente il regalo non suscita emozioni particolari, l’oggetto rimane infatti a prendere la polvere per più di un anno finché, per resistere alla pressione della noia, Marco si cimenta in qualche scatto immortalando la famiglia durante un pranzo nel periodo Natalizio.
Le cose da quel momento non saranno più le stesse.
Marco trova nella fotografia il suo modo di fermare il tempo ed immortalare un momento, unico anche se simile ad altri. La fotografia diventa per lui la forma d’arte più naturale e spontanea, poiché riesce a parlare un linguaggio codificato ma comprensibile a tutti, mantenendo la realtà come canale per veicolare i messaggi.
La street photography è il genere che colpisce maggiormente Marco, che quasi inconsciamente passa pomeriggi e giornate con la macchina in mano, cercando di catturare le più nascoste sfaccettature delle persone che incontra; come un esploratore che cerca un tempio nascosto da secoli tra le fronde di una foresta.
Come una cicatrice, la fotografia fa parte di me anche quando non lo so, è diventata un modo di vedere il mondo e di concentrarmi sulla vita. La ringrazio perché mi permette di vivere osservando, per non arrivare alla fine senza aver guardato la strada. Marco