MalaMilano

Photo by Gabriele Micalizzi

Nato e cresciuto a Emme I, linea verde, zona nord, via Rizzoli al 33. Casermoni gialli e blu con le finestre ovali come alveari. Vista autostrada, vista metro, futuro senza vista. Alle elementari andavo con il pullman in via Bottego e una mattina ho visto una rapina prima di entrare. Ricordo i collant sui loro volti e le pistole lucide. Ambiente ostile, il disagio mi circondava, io cercavo risposte. Mio padre era di via Teano, Comasina, giocava a calcio per il bar dei balordi, cosi conobbe quelli della vecchia. Sopravvissuto a una smitragliata, nascosto sotto il biliardo con suo fratello. Mi raccontava di zio Franco che faceva le colonne sonore dei famosi poliziotteschi. MI raccontava di malavita, regole ed etica, ma tanto qualcuno che se li vendeva c’era sempre. Forse è per tutto questo che fotografo le guerre in giro per il mondo. Forse è per questo che ho sempre sorriso alla morte, forse per questo che sono a mio agio negli angoli bui degli esseri umani, forse è per questo che passo le mie notti d’agosto sui sedili scomodi di una Gazzella, ascoltando musica neomelodica con i carramba a Monforte che corrono come matti. La vita dello sbirro è dura, stipendio basso, pochi mezzi vita sociale complicata, turni infiniti e tonnellate di burocrazia ma… caffè a 50 cent. A volte odiati, a volte temuti, a volte processati. Chissà chi glielo fa fare. La riposta sta sui i volti di chi aiutano, nelle parole di chi è in difficoltà, in un semplice grazie di una ragazzina tossica incinta, picchiata, che cercava aiuto a Rogoredo. Gente di strada, che vive in strada e passa le giornate a risolvere i problemi degli altri, in strada. Io ho fotografato tanti: tossici, razzisti, vip, escort, atleti, criminali, primi ministri, terroristi, chef, spacciatori, sbirri, bombaroli… Ho smesso di cercare risposte. Piuttosto mi faccio domande, che comunque continuano a trascinarmi verso il disagio da cui scappavo.