Rubrica: Rust
A cura di Roberto Graziano Moro
Fotografie di Roberto Graziano Moro
Testo di Chiara Franchi
Graphic Design Giacomo Dal Ben
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กรุงเทพมหานคร อมรรัตนโกสินทร์ มหินทรายุธยา.
Krung Thep Maha Nakon o, per brevità, Krung Thep. “La grande città degli angeli”.
È così che i thailandesi chiamano la loro capitale, nota convenzionalmente nel resto del mondo come Bangkok.
Anche Krung Thep, in realtà, è una sorta di convenzione. Il nome completo della città è infatti una lunghissima e altisonante lista di attributi che i bambini imparano nei primi anni di scuola.



Sui manifesti del Concrete Jungle Fest, accanto ad una tigre con lo sguardo fisso e le fauci spalancate, c’è scritto semplicemente ‘Bangkok’, insieme alle date della seconda edizione. La scelta di riportare la location in questo modo è indicativa di come il festival punti ad una dimensione internazionale: ci sono band americane, europee e australiane, ma l’obiettivo principale è soprattutto dare un palcoscenico all’hardcore di tutta l’Asia sud-orientale. Anche la cordata di promoter che hanno inventato e organizzato il Concrete Jungle è trasversale, dal momento che coinvolge sia agenzie thailandesi che singaporeane.
Un piano ambizioso, che però si è dimostrato vincente già dal suo debutto nel 2024.




“Holy shit…if you’ve seen any of the IG stories, reels, photos, YouTube links of this past weekend of the inaugural CONCRETE JUNGLE held in Bangkok, you KNOW the people behind the fest (Blacklisted Productions/Holding On Records/Slamman Booking/Loudly Prefer) have CLEARLY added a brand new go to hardcore fest on the worldwide map of hardcore fests”, ha scritto in quell’occasione il sito Unite Asia. “We now have one [festival, ndr] that South East Asia can call their own…muthafuckin’ CONCRETE JUNGLE”.







Il Concrete Jungle Fest si è già imposto come il più importante evento hardcore del Sud Est asiatico e i suoi margini di crescita sembrano ampi e promettenti. Anche quest’anno ha presentato un cartellone di ampio respiro, con headliner come Arkangel, Slant e Dizdain e naturalmente con il meglio del SE Asia hardcore. Non manca nessuno: Singapore (Losing End, Mystique, Xdetesterx, Angulimala), Indonesia (Dazzle, Devil Despize, Limbo), Filippine (Figure Out), Myanmar (Centipede). A rappresentare la Thailandia ci sono Fordecision, Not Proven, 38Special e gli irrinunciabili Whispers – senz’altro la band locale che meglio è riuscita ad affermarsi al di fuori dei confini nazionali. Avevano già suonato all’edizione 2024, ma riproporli non è un limite. È un plus.




Nei loro oltre dieci anni di carriera, gli Whispers hanno passato molto più tempo sul palco, che in studio. Hanno all’attivo centinaia di concerti a fronte di soli due EP, di cui l’ultimo, “Yom-Ma-Lok”*, è uscito l’anno scorso per Flatspot Records.
“Hardcore” è una definizione un po’ stretta per definire quello che fanno. Un’abbreviazione un po’ convenzionale, non troppo diversa da ‘Krung Thep’. Una parola utile ad orientarsi e capirsi, ma che non esaurisce le stratificazioni, le differenze, le energie – proprio come ‘Bangkok’.
Loro si definiscono un gruppo ‘evilcore’ e probabilmente non esiste un termine più adatto a condensare il loro diabolico cocktail di Marauder, Integrity, metalcore anni ’90 e death radicale. “The ‘evilcore’ comes from within our sound, which is not only inspired by hardcore, but by death metal and metalcore,” hanno raccontato a New Noise.
* “In Thai, Yom-Ma-Lok, means the land of the underworld—the world of the dead”. (fonte: New Noise)



In questo decennio, gli Whispers hanno contribuito attivamente a creare una scena di cui oggi sono tra i massimi rappresentanti. Una scena che oggi ha un festival capace di celebrarla degnamente e di portarla all’attenzione del mondo.