Ognuno ha la sua croce

Fotografie di Alessandro Didoni

Il centro diurno In&Out, fondato da Don Enzo Boschetti, si trova all’interno della comunità Casa Del Giovane di Pavia. Un’equipe composta da una responsabile, tre educatori e uno psicoterapeuta si occupa dell’accoglienza di uomini e donne con storie di dipendenza alle spalle.

Gli ospiti di In&Out sono persone in alcuni casi molto diverse tra loro che però formano un gruppo coeso e affiatato.

Elena, la responsabile del centro, mi mostra una parete piena di crocifissi di legno. Una delle attività che svolgono lì è quella di realizzare lavori col legno e con la pittura. Le chiedo come mai così tanti. Mi dice: «Glieli faccio fare io, è un po’ la mia fissazione. In fondo ognuno ha la sua croce».

La mia croce è dover sopportare le persone con le quali devo condividere le mie giornate e che non vogliono rispettare le mie regole. Anche se ad alcune di loro voglio bene.
Quello che mi rode di più è che mio padre mi ha abbandonato. Anche se sa che ho smesso di farmi di eroina, non vuole avere più alcun rapporto con me. È un tipo vecchio stampo. Lo sento una volta al mese per chiedere come sta e basta. La mia croce è non sentirmi libero. Sono oppresso dalle regole e dalle persone che mi circondano. Non mi piace fare questa vita dove sono costretto ad andare in posti dove non vorrei, come il dormitorio perché fa freddo. Ho un passato di dipendenza dall’eroina. Quando lasciai il lavoro, presi la liquidazione e andai in Spagna. Ho speso tutto lì, per tre anni mi facevo le pere ed ero libero. Oggi la mancanza di libertà mi soffoca. Sto aspettando la casa popolare, ma non so quando me la daranno, possono passare anni. Appena mi daranno la casa qui non ci verrò più. Anche perché io non prendo nessuna terapia, quindi non ho bisogno di questo posto. Tornerò qualche volta a salutare perché mi trovo bene con le persone, ma niente di più.
Sono di origini tailandesi, sono venuto qui in Italia da piccolo e non ci sono più tornato. Ho quarantun anni e il mio obiettivo sarebbe trovare un lavoro per avere uno stipendio. Ora sto facendo un corso di restauro, però non so se mi servirà. La mia croce è la dipendenza dall’alcol. Non riuscire a smettere. Venire a In&Out mi serve perché almeno fino alle cinque e mezza mi dimentico di bere.
La mia croce è che quando sono morti i miei genitori le mie sorelle sono sparite. A volte vorrei andare a Chi l’ha Visto per cercare di scoprire dove sono finite. Però sto bene di salute, questo è l’importante.
Io non so spiegare le cose, non saprei cosa dire. Qui a In&Out sto bene, scherzo con gli altri e ci vengo da quattro o cinque anni. La mia croce è il fatto di non aver mai conosciuto mia madre che mi ha abbandonato appena nata perché malata.
Il mio psichiatra il mese prossimo si trasferisce a Milano e io per la terza volta dovrò cambiare terapeuta. Inoltre, dovrò aspettare sei mesi prima che ne arrivi un altro, anche se sono in un periodo in cui dovrei essere seguito. Speriamo almeno che sia una donna. L’unica cosa positiva della ma vita è che continuo a vedere la mia ex ragazza con cui ho mantenuto un buon rapporto. Ci vediamo per un caffè o per l’aperitivo, siamo rimasti amici e questo mi fa star bene. La mia croce è l’ansia. Dopo anni di dipendenza dall’eroina, ho sviluppato questo malessere che al momento mi causa anche un tremore costante alle mani. Coi farmaci forse riuscirò a eliminare il tremore ma l’ansia è cronica e me la porterò dietro per sempre.
Io non credo di avere una croce. In passato mi sono fatto di eroina, cocaina, trip, senza limiti. Oggi ho problemi di salute ma lo accetto, quella vita l’ho scelta io e va bene così. Anche il fatto di non avere più le gambe non mi interessa più di tanto. Certo, a volte penso che avrei potuto avere una vita diversa, però non ho rimpianti.
La mia croce è la fame compulsiva, a volte mi sveglio la notte, mi alzo e mangio quello che trovo nel frigo. Un’altra croce è la costante incapacità nell’impegnarmi a fare qualsiasi cosa. Parto sempre con buoni propositi ma non porto a termine mai nulla. La terza croce è Osvaldo, il mio compagno, e la sua situazione difficile. Quando sta male e deve fare la dialisi vorrei poter fare qualcosa per aitarlo e mi sento impotente. Però sto bene con lui, andiamo d’accordo.
Le cose più belle che ho fatto nella vita sono stati i viaggi. Ho visitato India, Pakistan, Thailandia, Nepal, Paraguay, Perù, Bolivia. Ho viaggiato sia da solo che in compagnia. Sono stato sposato, ho divorziato e avuto figli. L’ultima ragazza che ho trovato è morta tre anni fa. Bevevamo molto, solo che lei mischiava l’alcol con gli psicofarmaci. Abbiamo vissuto a Pantelleria dove ho comprato del bestiame, ma lei non riusciva a interessarsi a niente. Beveva Vodka tutto il giorno fino a quando è finita in ospedale ed è morta lì. Io ho avuto una trombosi con embolia polmonare bilaterale. In ospedale la dottoressa mi ha detto che sono stato miracolato. Uscito da lì ho cercato un serD e mi sono fatto aiutare. La morte della mia ragazza mi ha aperto gli occhi e mi ha salvato la vita. Ho smesso di bere perché non volevo fare quella fine e ho avuto la forza di dire basta. Oggi sono prigioniero del mio corpo, ho un problema all’anca ma non voglio operarmi. Anche se lo spirito è giovane e vorrebbe essere libero, quando il corpo non reagisce c’è poco da fare. La mia croce è rappresentata dai giudizi e dalle malelingue dei benpensanti borghesi. Quando vivevo in montagna avevo due serpenti e i bambini venivano a vederli, ma poi qualcuno ha raccontato in giro che avevo un allevamento di vipere e nessuno è più venuto. Avevo trovato un lavoro in un circolo caccia, la prova era andata bene ma quando hanno saputo che ero stato in carcere non ho ottenuto il posto.
Il mio passato mi ha segnato, però c’è qualcosa che non mi ha fatto perdere la speranza. Non ho avuto una vita facile, sia per colpa mia che per circostanze nelle quali mi sono trovato. Molte volte ho toccato il male, l’ho subito e l’ho dato, nel senso spirituale più che fisico. Però nonostante tutto io amo la vita. Anzi la amo proprio perché ho conosciuto il male, che considero uno strumento di avanzamento. Non intendo denigrare chi ha avuto una vita regolare e onesta, ma io credo che alcuni di noi siano destinati a provare il male affinché possano amare veramente. Alla fine, è come se fosse un grande percorso che ti fa considerare la vita come qualcosa di sacro. Per questo oggi alcuni video di bambini tremanti sotto le bombe non riesco nemmeno a guardarli. A causa dell’eroina ho contratto l’HIV e all’epoca ero disperato perché non avrei potuto fare figli. A distanza di anni, è brutto a dirsi, ma quello che vedevo come una condanna è stata una benedizione. Oggi se avessi figli non reggerei il senso di colpa per il mondo in cui viviamo. La mia croce è il rimpianto che i miei genitori siano morti prima che smettessi di usare eroina. Immagino il senso di fallimento che ho generato in loro e non mi do pace perché non mi hanno potuto vedere rinascere dopo dieci anni di dipendenza. Tre mesi fa ho smesso anche di bere alcol.
Distribuisco i volantini e mi piace vedere la disponibilità delle altre persone. Sono sempre all’aria aperta, non ho fretta di finire e mi sento bene con me stesso. Anche se è una piccola cosa può essere grande l’obiettivo: finire il lavoro nel modo giusto, avendolo fatta bene. In&Out è diventato il mio punto di riferimento. Il mio obiettivo la mattina quando apro gli occhi è venire qua. Si fanno tante attività, ci si arricchisce e si imparano cose nuove. La mia croce è la costante insicurezza nell’affrontare la quotidianità. Ho sempre paura di sbagliare e ho bisogno di qualcuno che mi aiuti.
Negli anni ho fatto uso di sostanze e sono stato in diverse comunità. Ho avuto qualche ricaduta ma ora sto riuscendo a stabilizzarmi. La dipendenza è qualcosa che ti segna: perdi il lavoro, gli affetti, la fiducia in te stesso. Sono cose a cui pensi negli attimi di lucidità. Nell’86 è mancata mia madre, ero molto legato a lei e per questo ho sofferto parecchio. Non è stata la scintilla che ha fatto incendiare la batteria ma ha contribuito sicuramente. Nell’87 ho iniziato il militare e ho fatto tre anni di firma. La caserma di Alessandria era proprio di fianco a casa mia. Era un po’ una via di fuga per pensare ad altro. Questa esperienza mi ha fatto crescere, prima ero una persona molto introversa, avevo paura di qualsiasi cosa. Però non sono riuscito a far carriera e così dopo il terzo anno se non prendi i gradi di sergente ti devi congedare per forza. Al militare ho iniziato a fumare le canne, ma poi sono andato avanti a devastarmi anche dopo con droghe sempre più pesanti. La mia vita è fatta di alti e bassi. Quando sono in alto sono molto in alto, quando sono in basso mi trovo a raschiare il fondo del barile. Sono quasi cinque anni che frequento In&Out, anche se ho fatto la comunità alla Casa Del Giovane dal 2006. Vado avanti e cerco di dare un senso alla vita. La mia croce è la salute precaria. Forse a causa della tossicodipendenza c’è sempre qualcosa che non va. Ho anche avuto due tumori che per fortuna ho superato.
Mi piace stare qui a In&Out, passare le giornate impegnato. L’attività che preferisco è lavorare il legno. Ho smesso di fumare le sigarette ma ci penso sempre. La voglia non mi è passata. La mia croce è essere troppo buono e venire sempre fregato. A diciotto anni mi sono ritrovato solo perché i miei genitori sono morti a distanza di un mese uno dall’altro. Sono finito in carcere per avere rubato un portafoglio sulla spiaggia. Lì ho conosciuto Don Enzo che mi ha portato qui. Ho fatto un percorso e una volta uscito dalla comunità sono stato fregato da delle persone che mi hanno portato via tutto. Così sono tornato a chiedere aiuto e mi hanno accolto di nuovo.
Io sono qui in comunità dal 2002. Sto bene sono felice. Quando ero alcolista sono stato due mesi in ospedale, dove mi riempivano di pastiglie che mi facevano pensare tutto rosso. Adesso invece penso normale. La mia croce è la mia famiglia. Io e mio fratello siamo stati tanti anni in orfanatrofio e nelle case- famiglia, mia madre ha avuto diversi figli con altri uomini. Ho due sorellastre più piccole che si approfittano di me e di mio fratello, con cui vivo ancora oggi. Una delle mie sorelle non mi lascia stare e mi ha rubato dei soldi.
Sono contento di arrivare a fine mese con la pensione e il sussidio che mi danno. Da dieci anni ho una casa popolare, sono stato aiutato dalla comunità. Sono felice di venire qui a In&Out, è un punto di riferimento. La mia croce sono le sigarette. Ho smesso con tutte le mie dipendenze ma da questa non riesco a liberarmi.