I’VE TRAVELED THE WORLD NOT TO FIND YOU

Fotografie di Andrea Marzagalli

C’è una scelta precisa alla base della fotografia di Andrea Marzagalli: fermarsi dove l’occhio comune scivola via. Non cerca l’eccezionale, ma l’inappariscente che sostiene la vita: interni provvisori, margini urbani, camere di hotels, un lampo di luce che si appoggia su una parete.

I’ve traveled the world not to Find You è il titolo di un viaggio che non promette arrivi. L’itinerario geografico è reale, eppure il tragitto vero è quello interiore: le fotografie rinunciano alla figura umana, e proprio questa rinuncia rende la presenza della vita più intensa. Stanze, corridoi, strade in bilico tra giorno e notte, oggetti lasciati in sospeso, tutto parla di chi non si vede.

Non c’è nostalgia come rimpianto: c’è una nostalgia operativa, la capacità dell’immagine di attivare la memoria di chi guarda. In queste fotografie, lo spazio fotografato smette presto di essere un “là fuori” (un motel, una strada, un interno di passaggio) e diventa un luogo nostro: a qualcuno ricorderà la cameretta dell’amico delle elementari, ad altri il salotto di uno zio, a qualcun altro ancora un atrio attraversato mille volte senza averlo mai visto davvero. Non è un trucco sentimentale: è un cortocircuito di forme, luci, superfici, piccole geometrie dell’abitare che rimettono in moto l’archivio personale dello spettatore. La fotografia, così intesa, non illustra, innesca.

La mostra prende corpo negli uffici di Blackball, a Milano. Qui le immagini non si separano dalla vita; ci vivono accanto. Si lasciano attraversare da passaggi, telefonate, riunioni; stanno dove stanno le persone quando non posano, negli stessi ambienti che l’artista spesso osserva e ritrae. All’ingresso, la grande immagine su tenda non è un fondale, è una soglia che introduce al tempo lento della visione. La scelta del luogo non è cornice, è metodo: riportare la fotografia nei luoghi di vita che Marzagalli fotografa, e rimettere l’opera dentro il suo ciclo naturale di fruizione, non icona distante ma presenza con cui si convive. In una sede dedicata alla produzione di immagini in movimento, la fotografia riafferma il suo controcanto: il tempo della sedimentazione, dell’istante che resta, dell’eco che la memoria prolunga.  I’ve traveled the world not to Find You, suona come una dichiarazione d’intenti: viaggiare non per trovare un soggetto da possedere, ma per lasciare che il mondo accada e nell’intervallo tra ciò che si vede e ciò che si ricorda, aprire un campo d’esperienza. In quell’intervallo le immagini di Marzagalli si installano dando al presente la densità del già vissuto e offrendo alla memoria la nitidezza di una forma. Non chiedono consenso, chiedono tempo. Ed è nel poco tempo che concediamo loro, quel silenzio tra un pensiero e l’altro, che accade il lavoro più segreto dell’opera: attivare ricordi, spostare prospettive, restituire alla realtà l’onore del suo enigma.