Un banale monogamo all’explicit party Soda

Fotografie di Paolo Coppolella
Rubrica Fuoriperimetro

Ciao sono Paolo e sono monogamo. E cosa ce ne frega a noi? Eh, aspetta un attimo che ve lo spiego… intanto iniziamo con le premesse, vi ricordate di me? Nel 2019, in quell’epoca pre pandemica che ci appare così lontana, vi raccontavo qui su Perimetro delle foto di nudo e nudo erotico che facevo alle cosiddette ragazze della porta accanto. Che poi se ci penso oggi, dopo la pandemia e l’esplosione di alcune piattaforme, credo di conoscere più ragazze con OF e Patreon che senza… ma questa è un’altra storia. Dicevo che sono monogamo ed ultimamente anche abbastanza asociale. Non è che non mi piacciano le persone, diciamo che non mi piace la maggioranza delle persone… Però faccio anche quelle foto lì ed è successo che venerdì scorso sono andato a fotografare l’explicit party Soda, organizzato dal team di Wovo qui a Milano. Una festa che unisce sapientemente il mondo clubbing con la più totale apertura e libertà sessuale. Quindi in sostanza, io che nostante faccia quelle foto lì, forse sono (o ero) la persona meno adatta in un contesto del genere. Intanto mi sono presentato alle 22, che si vabbè dovevo fare le foto, ma a quell’ora non c’erano nemmeno le ballerine ed il team stava cenando. Avete presente la splendida scena di quel disadattato di Walter, protagonista di “Tutti giù per terra”, che si convince e va in discoteca invitato dall’unica amica, si presenta prestissimo e si addormenta sui divanetti nell’attesa della festa? Ecco: io.

Però il team è stato meraviglioso, mi hanno accolto e aiutato, mostrandomi tutti gli spazi, dalla sala principale, al corner dedicato alla performance di Kinbaku, dai divanetti alla dark room, dalle montagne di preservativi ai sex toys (ancora nelle scatole originali) gratuiti e sparsi per la disco, pronti per essere presi ed usati.

Insomma ero dentro, non c’era marcia indietro, non potevo fare altro che farmi trovare pronto, essere rispettoso nei confronti del pubblico che non era certo lì per essere fotografato e, come mi è stato consigliato più volte da tutt3: divertirmi. Che vabbè che lavoravo, ma era pur sempre un party. Non certo un party a cui ero abituato dato che, possiamo finalmente dirlo, per me era il primo di questo tipo. Però man mano che il tempo passava ed i primi fortunati entravano, passavano anche le mie paure di non essere all’altezza. Ecco che in un attimo, come nel gran finale di “8 e 1/2”, le luci si sono abbassate, la musica è partita, le ballerine in posizione ai pali e il pubblico ha iniziato ad entrare, interagire, divertirsi. A un party del genere naturalmente si va con l’outfit giusto e forse in molti ci avranno pensato per settimane, quindi in mezzo a tanti corpi semi nudi, coperti solo di lingerie o rete o pochissimi accessori in pelle, c’ero io vestito come ogni giorno della mia vita; monogamo e banale. Ma la nottata andava avanti ed io facevo su e giù dalla pista alla dark room, lo spazio più ambito forse, dove poter consumare nell’eccitazione di una nottata così speciale. Nonostante tutto, il mio impatto con la dark room è stato più soft di quanto immaginassi. Ovunque intorno a me la gente scopava, chi in coppia, chi in gruppi di 3,4,5. Ma la situazione, che estrapolata dal contesto potrebbe sembrare surreale, era la cosa più normale e naturale del mondo. Nonostante la distanza ridotta, perchè in fondo tutti facevano sesso a meno di due metri da me, grazie alla poca luce e l’aria rarefatta, ho avuto come la sensazione di guardare contemporaneamente, tutti da schermi diversi, una cinquantina di film porno con ogni tipo di categoria. Il rispetto reciproco e il consenso però erano la doverosa parola d’ordine. Finito il sesso, si tornava giù in pista o a bere o nei bagni e poi di nuovo a flirtare con nuove conoscenze e perchè no, magari di nuovo in dark room. Le mie parole sono forse riduttive, sicuramente esserci ti da la vera prospettiva di quello che stai vivendo in quel preciso momento: hai la sensazione di essere parte di qualcosa di enorme, di un movimento, di un cambiamento radicale. Di qualcosa che forse in passato è stato provato solo nella NY dello studio 54 o della Factory di Warhol. Un posto in cui dovevi esserci per fare parte del tutto.

La mia personale opinione, vedendo anche nei giorni successivi i commenti nel canale Telegram dedicato, è che il team organizzatore abbia saputo interpretare le esigenze di migliaia di persone e soprattuto di saper colmare un vuoto. Al Soda non conta l’età, non conta l’aspetto fisico o il colore della pelle, non conta nemmeno se sei su una sedia a rotelle; se sei rispettoso del prossimo, sei parte di quel tutto e se sei parte di quel tutto, conta solo il qui e adesso, ed il sesso libero non è certo il fine ma solo un mezzo.