Fotografie di Eleonora Sabet e Lorenzo Palmieri
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Continua il racconto di PERIMETRO PIRANESI, il progetto voluto da Nexity e realizzato con il supporto del Comune di Milano e Zero Starting Ideas.
Nell’ultimo articolo, che trovate qui, vi abbiamo presentato Eleonora Sabet e Lorenzo Palmieri, i due autori coinvolti nella realizzazione del progetto fotografico sul quartiere che circonda Via Piranesi.
Oggi invece, dei due fotografi vi riportiamo il diario di bordo e, attraverso il loro racconto, iniziamo a immergerci in quella narrativa visiva che troverà esposizione nella mostra fotografica aperta al pubblico PERIMETRO PIRANESI ON THE WALL, sulla cesata del cantiere di The HUG, in via Piranesi 38 a Milano.
L’inaugurazione è prevista il 16 settembre 2021.
“Negli ultimi anni abbiamo vissuto i nostri quartieri come mai prima d’ora. Il nostro confine è arretrato fino a diventare nazione, regione, città, quartiere. Casa.
Quando sono stato selezionato per la “Call Piranesi”, ho deciso immediatamente di raccontare questa zona ad est di Milano umanizzandola al massimo. Ho bussato alle porte della comunità come farebbe un viaggiatore. In questo caso non è un “Viaggio in Italia”, per citare il mio amato Luigi Ghirri, ma è come se lo fosse. In un certo senso ho vestito i panni del fotografo di paese e ho ritrovato la provincia. Abitare la città è sempre troppo generico, perché fisicamente apparteniamo ad un quartiere e lo viviamo come la nostra provincia di riferimento. In questo gioco neo-realistico mi sono ripreso la città, la mia città.
Ho bevuto un caffè con Rosetta, ho fatto aggiustare il mio vecchio automatico da Carlo, il precisissimo orologiaio di quartiere, ho raccontato la mia vita a Don Franco, mentre si asciugava il sudore dalla fronte per la troppa calura milanese. Ho preso un fascio di fiori dal chiosco di Via Lomellina, lo stesso che potevi ritrovare qui nel dopo guerra. Ho visto Sandro mentre tirava fuori una delle sue torte di compleanno, buone come un tempo, con panna e crema chantilly e rigorosamente senza chili di pasta da zucchero. Francesco, sarto di lunga data, l’ho incontrato al banco di una vecchia Necchi a pedali intento a finire un pantalone su misura. Alla bocciofila di Via Zanella il signor Sergio mi ha mostrato tutte le coppe vinte negli ultimi 20 anni, a Milano è praticamente una star delle bocce. Giovanni riempie i serbatoi di benzina di mezzo quartiere, è campano e non vede l’ora di fare due chiacchiere sulla sua amata costa cilentana. Due suore vivono insieme nelle vecchie abitazioni dei ferrovieri, mi accolgono e mi regalano una medaglietta per buon auspicio. Giulia, giovane postina, consegna lettere e pacchetti nella sua quattro ruote giallo shock mentre Valerio si prepara a consegnare decine di pizze per tutta Viale Corsica e dintorni. Ho bussato anche alla porta del Dott. Raffaele, medico di base da decenni, colui che più di tutti tiene il polso della comunità e ne conosce i contorni. Seduti in un bar di Via Piranesi abbiamo parlato a lungo di un lavoro che non avevamo ancora chiaro in mente. Le immagini non c’erano, ma iniziavo a intravederle. Qualche ora dopo ho seguito i miei vicini di casa e sono andato a fare la spesa con loro. Ho iniziato così, dalle persone più vicine fino ad allargare il raggio del mio quartiere, la mia provincia”. Lorenzo Palmieri
“Il primo giorno di shooting è stato fondamentale per capire la direzione narrativa di questo progetto.
Arrivatə in zona Piranesi, le prime persone che incontro — casualmente — sono due giovani skater seduti all’ombra, aspettano che il sole scenda per poter andare allo skatepark Motta.
“Ciao ragazzə, sto lavorando ad un progetto sulla zona. Vi va di essere fotografatə?”
“Certo, comunque hai dei tatuaggi pazzeschi”.
Dopo gli scatti, rimaniamo a parlare del più e del meno: tatuaggi, macchine fotografiche, pattini — perché io pattino — e di quello che avrebbero fatto durante le vacanze estive.
Ci scambiamo i contatti e ci salutiamo.
È primo pomeriggio ed il quartiere è silenzioso, proseguo a piedi verso via Piranesi.
Trovo dei bellissimi fiori rosa di cui non ricordo la specie — gli stessi che ho visto per due anni davanti a casa mia ad Amman, in Giordania — e li fotografo senza interrogarmi troppo.
Arrivo davanti all’oratorio Kolbe, non c’è nessuno ma alcuni disegni realizzati sul marciapiede attirano la mia attenzione: tre cuori che sanciscono la vittoria del gioco “tris”, li fotografo.
Inizia a farsi tardi, proseguo la mia passeggiata e due figure attirano la mia attenzione in Piazza Giuseppe Grandi: due suore che raccolgono e fotografano con lo smartphone dei fiori.
Mi avvicino e inizio a fotografarle di spalle, senza disturbarle. Una delle due si avvicina a me, inizio a temere di dover cancellare gli scatti realizzati.
“Hai visto che belli questi fiori?”, una delle due suore mi chiede.
“Sono bellissimi, non mi avvicino troppo perché ho paura delle api”.
“Guarda che non ti fanno nulla, non preoccuparti”.
Continuo a fotografare di spalle, per timore di disturbarle ma anche di essere rifiutatə.
Fumo una sigaretta, bevo un bicchiere d’acqua e continuo ad osservarle ancora un po’ ma presto decido che la prima giornata fotografica sarebbe finita lì, con questo ricordo”. Eleonora Sabet
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