Fotografie di Sonia Marin
Rubrica: CHAIN

Una mamma, una donna, un’artista…a me manca la prima voce, ma io ed Angela ci siamo trovate. L’ho conosciuta in una casa a lei dedicata. Quella domenica pioveva, la luce era poca e soffusa: io, Angela ed Emma, una delle gemme tra i suoi tesori più grandi…i figli.
Questa breve storia è dedicata alla cura degli affetti.
Mi assicuro che tu sia arrivata a casa…ovunque essa sia.

Mai come ora, ora che devo partire, mi sono soffermata ad osservare la polvere raccontare la mia storia: tutte quelle forme così varie, così precise, piccole tracce di qualcosa che è stato. C’è una lampada, di quelle a stelo lungo, con il paralume di stoffa plissettata, vicino alla credenza, proprio affianco alla porta d’ingresso; ai piedi della lampada c’è una valigia, mi piace vederla lì…è una valigia non troppo grande, ma di quelle dove ci sta di tutto e anche qualcosa di più; di cartone rigido con gli angoli rinforzati e cinghie per chiuderla meglio: è da tanto che non esce di casa. E’ quasi ora di partire, continui a ripeterti che forse hai dimenticato qualcosa, non vuoi che nulla vada perduto, cerchi di imprigionare tutto ciò che puoi: quanta gioia e quanta malinconia tornare lì in quella strada, la stessa gente, gli stessi odori;  immagini sfumate corrono racchiuse in piccoli istanti.

Quando si cresce e si varca la soglia dell’età adulta si riesce a dare un nome alle cose, a quasi tutte quelle cose che prima si vivevano e basta.
Pensavo bastasse essere una figlia sensibile e andare bene a scuola per essere anche una brava persona. Penso che una mia qualità sia sempre stata l’attenzione per le sfumature, il saper cogliere quei piccolissimi dettagli che fanno di una qualsiasi cosa,
anche banale e scontata nella suo essere quotidiana, un’esperienza interiore fantastica: questo mi dava la presunzione di conoscermi bene. Durante tutte le medie mi sono sentita come perennemente seduta su uno scoglio con davanti la calma del mare: un mare fatto di tanta acqua che il sole al tramonto colorava di tinte sorprendenti, unendolo al cielo in un unica immagine sospesa dove ogni cosa è mossa da un movimento leggero e impercettibile come il suono del vento senza
ostacoli.
Che bello vero? E’ così che potrei definire la mia parte romantica, quella che mi faceva guardare a persone e cose come si guarda un film commovente o che mi faceva pensare che tutti erano buoni.
Ho trascorso tutta la vita fino a questo momento, a cercare un riconoscimento affettivo che mi facesse sentire importante e al centro dell’attenzione, meritevole di qualcosa di unico, elevato e speciale; un posto nell’Universo era tutto ciò che desideravo.
Penso di essere ancora così, anzi ne sono sicura. L’unica differenza è che ora l’ascendente vergine sta guadagnando terreno sul segno dei pesci.