Il nome di casa è una gelida lama

Fotografie di Vanda Di Giovanni

Questo è un progetto che parla di infanzia ed abbandono, è una favola i cui personaggi sono gli abitanti di un luogo sconvolto dai terremoti e dalle valanghe. Inizialmente nato da un workshop di reportage con il fotografo Raffaele Petralla, è divenuto subito una questione personale, un lavoro prima di tutto sui miei ricordi, sul profumo di muschio nel bosco e le formule magiche contro le grandinate.

L’Abruzzo è una terra spigolosa

attraversata da una sanguinolenta

aperta ferita

e sulle quali cime innevate

vivono Dei dimenticati.

Qui ogni cosa è disgrazia

la muffa abbonda

nell’aria vi è l’odore della paura

somiglia ad acre orina.

I prati sono verdissimi

e lo è anche il mare.

Il tempo è scandito

da rintocchi di campane

nei vicoli è forte

di incenso l’odore

ed il muschio è un tappeto.

Il gelo invernale ti piomba i piedi

il vento ti taglia il viso

i più piccoli cristalli

tra sciarpa e cappotto

scendono per il midollo

fin quando non vedono

la tua anima rabbrividire.

La calura estiva

di un velo bianco copre il cielo

lasciandoti trovare conforto nella notte

e nell’accarezzare spighe d’oro

con il palmo della mano

in sconfinati spazi

dove le serpi cacciano topi.

Nei silenzi dei boschi

ho spesso trovato tranquillità

che però mai è gaia, ridente.

E’ greve e risuona dei canti di uomini

nati e morti

dall’aratro, per l’aratro.

Ma quando poi mi arrendo al cospetto delle sue

prosperose montagne

mi chiedo perché il nome di casa

è una gelida lama.

Non voglio più

essere una creatura piccola.

Tornare per trovare mia madre assopita

e con voce morbida poterle dire

“mamma, ti amo”

senza interrompere il silenzio.

Qui non vi è nulla

solo silenzio e vento

che scuote i crini ai cavalli

il mio cuore può riposare

l’agonia

non conosco il male che mi affligge.

Piango lacrime che dicono “non è stato abbastanza”

di violette, calabroni e stagni.

Ma so che non c’è arnia più triste della mia casa

nessun ricordo più dolce del granturco.

E mi sfugge allora il senso, la grandezza del mondo.