Photo by Mattia Zoppellaro
Rubrica: Milano a gambe aperte
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Ho sempre pensato che nascondersi è un po’ rivelarsi. Della sottrazione mi affascina il vuoto che lascia, che non è il vuoto totale, ma è il tassello mancante del puzzle, quello che lo rende non-finito. C’è tensione nella sottrazione, mai pace. Che poi è questo il motore delle cose, forse anche delle relazioni. È un elastico teso tra il vicino e il lontano, solo che quando è teso, paradossalmente, unisce. Io mi nascondo facendomi vedere. Chissà se gli altri mi vedono veramente. Ma non importa, io mi avvicino e mi allontano, mi fermo e passo avanti. Seguo la mia orbita nella città e, come tutte le orbite che si rispettino, non mi scontro mai con quelle degli altri. A volte le incrocio, a volte ci passo lontano anni luce. Se tutto questo è un disegno, lo immagino regolato da una legge fisica che non voglio conoscere. A me basta essere un segno di grafite accanto ad altri segni. Tutti diversi da vicino, tutti uguali da lontanissimo.
Testo: Francesco G. Raganato