I am Scampia

Fotografie di Massimo Pellone

 

I am Scampia, il progetto fotografico di Massimo Pellone, iniziato ad Aprile 2018, racconta l’altro volto delle Vele, quello di oggi.
Le persone che ci abitano, le storie di vita quotidiana. La povertà e l’isolamento a cui la fine del regime della Camorra ha portato. Non un luogo di criminalità ma la realtà di una periferia abbandonata perfino dalla malavita, che vuole riqualificarsi. L’attaccamento al territorio, l’orgoglio di chi ci vive, il desiderio di andare avanti. Ma anche la rassegnazione e la tristezza di chi non sa come farlo.

Melania, una bambina, scrive « Ij so figlij e Scampì. E’ qui che sono nata ed è qui che devo morire. Le Vele sono una parte di me. Ho visto cose belle, ho conosciuto le mie amiche bave e gentili, ed ho incontrato cose brutte: le guerre. Però penso sempre che Scampia sia la cosa più bella».
Sulla Vela Verde, quella che stanno abbattendo, c’è scritto «non siamo Gomorra». Siamo a Scampia, nella zona 167 che prende il nome dalla legge del 1962 che introdusse in Italia i piani di edilizia economica popolare.

«Anna scendete» si sente urlare. Arrivano Anna, Pasquale, Maria. È Patrizia a chiamare perché è arrivata la spesa. Prendono le buste di plastica dal portabagagli dell’auto mentre fanno due chiacchiere e risalgono quasi subito pieni di cose da fare. C’è Flora che pulisce le scale che ormai sono solo cemento grezzo e qualche lastra di marmo spaccata. Alle vele non ci sono i citofoni, anche il postino grida quando consegna le lettere. E dell’ascensore è rimasto solo il vano a collegare i 14 piani di ogni edificio.

Ida ha 80 anni, per vivere vende i rotoloni di carta a Napoli centro. La mattina si alza e riempie il carrello fino a coprirsi il viso. Arriva a piedi alla nuova metropolitana di Piscinola-Scampia, un paio di chilometri, scende alla stazione di Toledo e la sera torna a casa a con il carrello vuoto.

O cinese abita al secondo piano della Vela Celeste e non esce di casa. È agli arresti domiciliari, in attesa del nuovo processo a marzo. E’ stato in carcere tante volte e dice «Era meglio la prigione, così sto solo perdendo tempo. Sto tutto il giorno a casa e non so come mangiare io e come mantenere la mia famiglia». Ha una figlia che ha già una bambina.

Patrizia è contenta che Scampia non sia più una piazza di spaccio, lotta per la legalità e fa parte del ‘’Comitato Vele’’. Racconta che prima era la Camorra a mantenere le famiglie dei carcerati mentre ora ci sono moltissime donne che non sanno come andare avanti. E per i giovani queste sono situazioni pericolose, abbandonano la scuola e si avvicinano alla criminalità per portare i soldi a casa. «Prima uno spacciatore arrivava a guadagnare novecento euro al giorno, ora credo a malapena trenta » .

Elena è tossicodipendente e vive con sua figlia Anna. Mary ha 37 anni e si prostituisce per vivere. Mario taglia i capelli in un garage sotto la Vela celeste, Pasquale ha un’officina, Francesca un negozio di detersivi. «Perché chi abita alle Vele è difficile che esca di qua» dicono. I sottoscala sono luoghi putridi, pieni di immondizia dove i tubi di scarico perdono sui fili elettrici scoperti ed i bambini si rincorrono. Alle Vele attualmente sono censite 330 famiglie. Altri si sono aggiunti occupando le case rimaste libere.

“Dovremmo esser circa 500” dice Patrizia