Fotografie di Francesco Lorusso
L’idea di fare un lavoro sulle periferie ha origini lontane e nasce principalmente da una mia visione romantica maturata durante l’infanzia.
Sono nato nel quartiere popolare di San Siro e sono cresciuto con tutti gli amici che abitavano nelle case popolari. L’idea di rientrare in quell’universo e di incontrare una socialità pressoché perduta altrove, mi ha spinto a provare a realizzare questo progetto.
Purtroppo rivista con gli occhi dell’adulto la periferia non possiede più nulla di quel romanticismo che da bambino dimorava nel mio sguardo.
Probabilmente non c’era nulla di romantico neppure negli anni ‘70, era un luogo abbandonato allora come adesso, sono cambiate solo le dinamiche e i protagonisti che allora provenivano dal meridione d’Italia ed ora da ogni parte del mondo.
Nel raccontare di questo universo a poca distanza dal salotto buono della città, si rischia spesso o sempre la semplificazione, banalizzando la sua narrazione.
Ho scelto di iniziare il mio racconto entrando nelle abitazioni per mostrare ogni storia, ho incontrato la vita e la dignità che è intimamente connessa con ogni esistenza incontrata.
Non si può inventare nulla in questo tipo di narrazione, occorre essere aperti imparando a entrare in contatto con ogni storia, rimanendo impregnati dai loro vissuti.
In questi scatti cerco di raccontare il vivere quotidiano nel quartiere del Giambellino, quello che ne esce a volte è un senso di resa, un sopportare il luogo dove si vive, non avendo spesso altra scelta.
Entrando in queste case si ha l’impressione di tornare indietro nel tempo, i ricordi, le foto e gli arredamenti raccontano di un’altra epoca.
Ho chiamato questa terra di nessuno “terre di mezzo” ovvero quello spazio che intercorre fra i salotti eleganti e la classe media, e ne ho voluto fotografare il cuore.
Quella terra dove nessuno ci vuole finire ad abitare per scelta, ma ci si finisce esclusivamente per necessità.
Le “terre di mezzo” sono impregnate di immaginazione ed in questo lavoro rappresentano anche uno spazio emozionale.
Sono soprattutto uno spazio estremamente reale.
E se voi prendete il 14, il tram che attraversa la città, arriverete nell’alto Giambellino accorgendovi che sono terre in mezzo.
Scomode, difficili, indecifrabili e al primo impatto ostili.
Ma vanno vissute, sempre.
Piazza Tirana
Giuseppe entra nella sua nuova casa in via degli Apuli. Da allora ha ancora gli scatoloni da disfare e sono passati diversi mesi. Non si trova.
Via Lorenteggio
Interno di un’appartamento occupato
Signora Marocchina ha un momento di sconforto mentre mi narra la sua storia
Giambellino
Tina, signora Nigeriana sfoggia uno splendido accento friulano retaggio di un’altra vitaVia Giambellino 150. Questo palazzo da dove fotografo sarà abbattuto
Paolo in primo piano durante una pausa degli allenamenti in Giambellino
Via degli Apuli 2, interno del cortile
Dario eterno sognatore, aveva in mente di trasformare il vecchio cinema a luci rosse della via in un centro sociale. È morto di covid lo scorso anno
Vista su via degli Apuli
Gabriel, rapper di origine messicana qui all’interno della sua casa
Camera di Nives appena tornata dalla messa mattutina
Interno dell’atelier di Claudio, pittore e acquarellista. Questo spazio è stato allagato dalla pioggia e ha perso oltre della metà del lavoro di 25 anni
Interno della casa di Tina sono evidenti i ricordi
Via Lorenteggio 183
Bar di piazza Tirana, il proprietario Guangxi Hu
Fontana di piazza Tirana
Fajek Egiziano si occupa delle pulizie di diversi condomini nel Giambellino. Vive da oltre 30 anni in Italia