Fotografie di Cristina Scalabrini

Il confine fra naturale e innaturale si perde nelle sale che raccolgono i reperti non esposti di un museo di scienze naturali. In un’epoca senza precedenti in cui la Natura è assediata, ferita, violata dall’uomo, questi animali sono simulacri di esistenze passate che incutono un timore reverenziale. 

Sono animali immolati alla scienza. Le pelli avvolte su sagome di legno diventano una presenza muta ma tangibile che si scrolla di dosso la polvere e, nell’infinita potenzialità del sogno, si riappropria della realtà.

Con gentilezza, cura e attenzione, l’uomo ha conservato questi antichi esemplari traghettandoli nel futuro. Apparentemente obsoleti, costituiscono in realtà una fonte preziosa di informazioni scientifiche per gli studiosi moderni, che possono prelevarne campioni e studiarne il DNA. Questo è possibile grazie all’arsenico con cui sono stati trattati. L’arsenico è quindi vettore di morte ma anche di vita, in quanto custode di preziose tracce genetiche.

Sotto i veli, qualcosa resiste: è una natura innaturale, un guardare di ciechi, un muoversi immoto, un ascoltare senza sentire. Eppure si percepisce una volontà di riscatto, una curiosa apertura al futuro. È un appello perché la natura si riscuota e si salvi, un richiamo silenzioso, gentile, delicato e allo stesso tempo un grido forte, determinato e deciso.