NON È UN LAVORO PER VECCHI

Fotografie di Gianfranco Vaglio
Rubrica FUORIPERIMETRO

Considerati i galoppini delle città, che “per quattro spicci” scarrozzano il cibo per le strade.

Sono i riders, ragazzi di varie età, etnia e ceto sociale che svolgono questa attività come lavoratori autonomi e per i motivi più disparati. La vecchia idea di fattorino in bici e zaino che scriveva l’indirizzo su un foglio, viene sostituita da una figura attrezzata con il gps per muoversi in strada ed è munita di powerbank per avere sempre carico Io smartphone per gestire il proprio workflow.

Il lavoro di corriere entra così a far parte della gig economy, una nuova forma di economia digitale basata su quelli che vengono definiti “lavoretti a tempo perso”, gestiti da piattaforme digitali. I riders vanno in giro senza sosta con diversi mezzi e con qualsiasi condizione di meteo o traffico.

Si trovano in fila davanti ai ristoranti ad aspettare gli ordini preparati dai partner, infilano tutto nello zaino e via verso il civico indicato dove aspettano che il cliente ritiri l’ordine. Intanto sono stati già avvisati di una nuova consegna e scappano verso il nuovo punto di ritiro. Tempi di attesa che si alternano a fughe cittadine tra macchine e incroci stradali. Del resto chi vorrebbe del cibo freddo in tavola? Più brevi sono i tempi e più è soddisfatto il cliente.

E più consegne si fanno negli slot orari e più si guadagna. È una catena. “Non è un lavoro per vecchi” mostra da vicino chi ha scelto di fare questo lavoro a Potenza, una realtà di provincia del Sud Italia, per pagarsi studi, sfizi o «campare» la propria famiglia.

Per alcuni ragazzi fare questo lavoro significa emanciparsi rispetto al nucleo economico familiare. Potersi permettere delle scarpe di marca o pagare le tasse universitarie rende i più giovani maggiormente responsabili. Potenza, 2020

Zaino, powerbank, custodia protettiva per smartphone e tablet e in alcuni casi anche il gilet ad alta visibilità. Compongono lo starter pack fornito dall’azienda a chi si avvicina al settore delle consegne. Potenza, 2020

A seconda di quanto si trova in alto nel ranking di valutazione della piattaforma, il rider ha la possibilità di scegliere gli slot orari di disponibilità al servizio e prenotarsi, quindi, per primo rispetto ad altri colleghi. La prima fascia utile è solitamente fissata alle 18:00. Nelle grandi città il servizio è attivo H24 per via del più alto numero di utenti, mentre in centri dove la richiesta è minore potrebbe esserci uno slot di chiusura. Potenza, 2020

Il tempo di attesa del processo di preparazione dell’ordine è uno dei pochi momenti statici del turno. Potenza, 2020

Le attività di ristorazione che si affiliano al settore delle consegne sono diverse. Dalle paninerie alle grandi catene ed anche i ristoranti. Questo permette loro di avere un incremento dei guadagni e di rafforzare la presenza sul territorio, soprattutto in un periodo storico così travagliato a causa della pandemia da Sars Cov 2. Potenza, 2020

Macchia Romana, quartiere nella periferia della città di Potenza. È il rione con il più alto numero di richieste di consegne a civico/domicilio. Potenza, 2020

Trattandosi di consegna al civico, il rider non è tenuto a salire fin davanti la porta di casa del cliente, il quale dovrebbe farsi trovare davanti il proprio civico. Questo serve anche a facilitare e quindi ad aumentare il flusso di lavoro del corriere. Potenza, 2020

Max è nato e cresciuto a Potenza, ritratto proprio nel suo rione. Studia Design della Comunicazione a Napoli è appassionato di body mod. Fa il rider nella sua città da maggio 2020 sia per continuare i suoi studi indipendentemente e sia per coltivare le sue passioni. Con il suo primo consistente guadagno da corriere ha soddisfatto un suo capriccio comprando delle “Nike Air Jordan 1 Mid”. Potenza, 2020

Alcuni food riders utilizzano la propria vettura per effettuare il servizio. Il traffico della città, a prescindere dalla sua grandezza, è uno dei fattori più rappresentativi di questo lavoro, ma anche uno tra i più influenti. Potenza, 2020

Giovanni, 23 anni è uno studente della facoltà di Economia Aziendale all’UniBas di Potenza. Svolge questa attività extra da maggio. Gli permette di pagarsi, tra le varie cose, buona parte delle tasse universitarie. Potenza, 2020

I sistemi di navigazione attuali sono di grande aiuto per avere accesso a tutte le aree urbane presenti nella città. Permettono una precisa e rapida mobilità all’interno del contesto urbano, se anche si fosse sguarniti di una completa conoscenza di tutte le sue vie, piazze e strade. Questo rappresenta l’evoluzione del lavoro del “ragazzo delle consegne”. Potenza, 2020

La bici sembra essere il mezzo più utilizzato per la sua versatilità. Tuttavia i fattorini che lavorano in macchina hanno il vantaggio di essere più riparati durante le intemperie. Potenza, 2020

 

A distanza di circa due anni, alcuni dei ragazzi fotografati hanno lasciato il lavoro di rider definitivamente. Altri, invece, continuano ancora a svolgerlo saltuariamente affiancandolo ad altri percorsi lavorativi. Inoltre ha fatto il suo ingresso a Potenza un’altra piattaforma di delivery food che ha esteso la mappa di consegne cittadine a zone sempre più periferiche rispetto a quelle già nevralgiche, raggiungendo di conseguenza una fetta più ampia di utenza. Questo ha generato un aumento della richiesta di consegne a civico nonché un incremento dei tempi di consegna.

Gianfranco:

«Ciò che mi ha spinto verso questo lavoro è stata la variazione sul tema. Io sono  dell’84 ed ero abituato a vedere il classico ragazzo delle consegne con zainetto, buste di plastica, abbigliamento discutibilissimo e che, con stampato in testa l’indirizzo, o al massimo su un pezzo di carta, consegnava le pizze. E non era un servizio poi tanto diffuso nella città da cui vengo, Potenza, una cittadina nel Sud italiano. Oggi invece se ne vedono tanti di food riders, e devo dire che sono sempre  più attrezzati. Del resto devono servire zone che io stesso disconoscevo della mia stessa città, ed in più sono preparati ad ogni condizione climatica, pioggia, neve, sole o nuvole loro viaggiano. E questo aspetto mi ha portato ad un’altra riflessione. L’impegno. Secondo me le nuove generazioni sono bombardate da stimoli esterni molto impattanti. Per cui è facile farsi piacere una Play, un ultimo iPhone oppure una serata di sgarri tra amici. Ma per comprarsi tutte queste cose spesso il becco manca o più semplicemente non si ha voglia di chiedere soldi ai propri genitori. Quindi vedere questi ragazzi che, detto fuori dai denti, mi hanno detto che lo svolgono anche per comprarsi le scarpe fighe, ci si pagano una vacanza le tasse universitarie, mi ha colpito. Mi ci rivedo in questo. Sono sempre stato un tipo che quando ha voluto qualcosa se l’è presa, certo, facendo cose diverse visto che negli anni ’90 non c’erano certe possibilità per fare soldi. Ad esempio ho venduto la mia seconda Play Station per pagarmi il piercing al sopracciglio dato che a casa non mi pagavano questa roba. E per farmi il primo tatuaggio solo Dio sa cosa mi sono dovuto inventare: prima chiesi i soldi a mio padre, poi glieli ho restituiti andando a fare la stagione come cameriere. Il mio primo prestito! I miei mi davano 50 mila lire e via, con quella ci dovevo tirare avanti il più possibile. Tiravo anche a Campari certe volte. Ho vissuto a Roma perché ci studiavo e nei week end lavoravo ai buffet dei ristoranti per avere qualche soldo extra per pagarmi l’abbonamento ai mezzi o le sigarette e le serate in giro. Denaro che integravo a quelli che mi passavano i mie genitori. Mi sorprende, quindi, l’intraprendenza, oltre che delle nuove generazioni in generale, di questi ragazzi che si sbattono non poco, dato che è un lavoro che ti porta a trottare. E lo dico perchè in un’occasione mi ci sono impersonato io nel food rider che stavo seguendo quella sera, con la mia macchina e lui con me, ho ritirato e consegnato ordini. Certo, la gig economy apre molti scenari lavorativi, ma tu devi essere abile nel buttarti in questi scenari. Inoltre hanno l’aria da imprenditori, sono lì pronti a calcolare quanto gli frutta quell’ora in più di lavoro contando mance e aspettando che sia apra il prima possibile un nuovo slot orario».