MONGOLIA: CON I NOMADI, NELLA CULLA DELLA SPIRITUALITÀ

Fotografie di Giorgio Tagliacarne

Questo progetto si propone di condividere l’essenza di un viaggio in Mongolia, in compagnia dei nomadi, viaggiatori senza tempo intrecciati al ritmo ciclico della natura. Qui, non si cerca di domare gli elementi, ma di camminare al loro fianco, trovando forza nella semplicità e bellezza nelle piccole cose.

Fuori dalle città, lo spazio sembra inghiottire il tempo. I nostri van si muovono come piccole navi nel mare verde delle steppe. Il paesaggio mongolo si dispiega davanti a noi: sterminate distese di terre libere, sotto un cielo basso e mutevole. Ogni curva porta con sé un nuovo scorcio di vastità, mentre il paesaggio è punteggiato da greggi di capre e pecore, vaganti in cerca di acqua e cibo.

La famiglia di nomadi che ci ospita emana un senso di unità e serenità, distanti dalle ansie quotidiane del mondo moderno. C’è un’armonia naturale tra le persone, unite in uno sforzo comune, dove famiglie che vivono a chilometri di distanza collaborano come se fossero vicine ogni giorno. Il cammino dei miei pensieri segue quello nomade dei cavalli, un vagare senza meta tra latte e terra, odori che sanno di vita. Qui non ha senso distinguere tra leggenda e realtà, tra tempo e spazio, tra terra e cielo. Il confine è inesistente, inutile cercarlo. E in questo vasto nulla, l’essenza dell’anima diventa limpida.

Ogni volto riflette la vastità della steppa, ogni sguardo porta con sé la saggezza dei secoli. La loro vita è un cammino ininterrotto, dove l’orizzonte non è mai una destinazione, ma un compagno fedele. I vestiti che indossano, con i colori sbiaditi dal sole e dal vento, raccontano storie di generazioni che hanno imparato a vivere in armonia con la terra. I loro sorrisi, a volte appena accennati, sono la prova di una vita vissuta in sintonia con gli elementi, dove il cielo è il tetto e la terra l’unico confine.

La Mongolia, con le sue steppe sterminate, montagne impervie e cieli di un blu limpido, custodisce una delle tradizioni più antiche e affascinanti del mondo: la caccia con le aquile. Diffusa principalmente tra i kazaki nella parte occidentale del Paese, questa pratica millenaria non è solo un mezzo di sostentamento, ma una vera e propria arte, tramandata di generazione in generazione. Il cacciatore e l’aquila formano un legame profondo, radicato nel rispetto reciproco e in una comprensione silenziosa del mondo naturale. Originariamente sviluppata per sopravvivere in terre aspre e desolate, la caccia con le aquile è diventata un simbolo di coraggio e maestria, celebrando la connessione profonda tra uomo e natura. L’aquila reale, con la sua forza e agilità straordinarie, è venerata come un emblema di prestigio e orgoglio. Addestrate con pazienza e dedizione, dopo anni di collaborazione, queste maestose creature vengono spesso liberate, in un gesto che racchiude tutta la riverenza dei cacciatori.

In questo incontro tra uomo e natura si intravede un filo sottile che unisce il bisogno di dominare con il rispetto per il selvaggio. Camminando in questa terra sconfinata e vivendo accanto ai Nomadi, ho scoperto che qui le preghiere non hanno le parole precise e supplichevoli a cui sono abituato, dove l’io si rivolge a un Dio distante. In Mongolia, il messaggio si dissolve in un’infinita e indefinita melodia, modulata dai venti che attraversano le valli. Non è questione di fede, ma di ascolto.

Quando si torna dalla Mongolia si è più completi, lucidi e consapevoli. Non c’è più bisogno di ingannare nessuno, tantomeno noi stessi. È una terra che purifica il corpo e l’anima, con i suoi spazi infiniti e le sue creature gentili. Ho vissuto la magia di un viaggio sospeso nel vuoto, uno stordimento che lascia in pace.

Il nostro accampamento a poca distanza dalla gher della famiglia nomade. Noi siamo in quattro gher, compresa una adibita a zona comune usata anche per la colazione e la cena. Sono tutte dotate di una piccola stufa che ci terrà caldi durante la notte.
Il pomeriggio prima della migrazione si smonta, con la collaborazione di tutti, la gher della famiglia nomade che ci ospita.
Il figlio più piccolo della famiglia nomade che ci ospita approfitta delle operazioni di smontaggio della gher per fare giochi nuovi.
Durante lo smontaggio, il bambino più piccolo della famiglia gioca con la circonferenza di legno dalla quale partono, a raggio, i pali di betulla che sostengono la tenda. È l’elemento su cui poggia tutta la gher e fornisce stabilità alla struttura.
Attraversamento di un guado con le mandrie in migrazione. I passi degli animali si allineano nell'infinita marcia verso un punto lontano che svanisce tra la polvere.
I mandriani, a cavallo, fanno un gran lavoro per non far disperdere le mandrie lungo il percorso e per forzarle a passare nei tanti guadi che si incontrano lungo il percorso.
Il capofamiglia scende da cavallo nel tratto più ripido e scosceso per arrivare al fiume che prende il colore dalle acque provenienti dai ghiacciai che circondano l’altopiano.
Le mandrie che stiamo accompagnando passano accanto al camion di un’altra famiglia nomade che si sta spostando da un campo all’altro.
Un anziano cacciatori di aquile scruta l’orizzonte in attesa di veder comparire il figlio, a sua volta cacciatore di aquile, di ritorno a casa dopo aver marchiato i nuovi puledri.
Alcuni cacciatori di aquile si radunano all’alba per esercitarsi in vista del festival delle aquile che si tiene tutti gli anni in Mongolia.
Un cacciatore di aquile si muove all’alba per trovare la zona migliore dove esercitarsi con la sua aquila in vista della stagione più fredda quando alle aquile è richiesta maggiore collaborazione per la caccia agli animali selvatici.
Un cacciatore di aquile all’interno della sua tenda. Il cacciatore e l’aquila formano un legame profondo, radicato nel rispetto reciproco e in una comprensione silenziosa del mondo naturale.
Il bambino più piccolo della famiglia, figlio di un cacciatore di aquile e nipote di un cacciatore di aquile prende confidenza con il suo futuro. In questo incontro tra uomo e natura, c’è un filo sottile che unisce il bisogno di dominare e il rispetto per il selvaggio.
Una coppia di pastori nomadi. Ogni volto riflette la vastità della steppa, ogni sguardo porta con sé la saggezza dei secoli.
Un pastore nomade con le sue due figlie. I loro sorrisi, a volte appena accennati, sono la prova di una vita vissuta in sintonia con gli elementi, dove il cielo è il tetto e la terra il loro unico confine.
Una famiglia di pastori nomadi. I vestiti che indossano, con i suoi colori sbiaditi dal sole e dal vento, racconta storie di generazioni che hanno imparato a vivere in armonia con la terra.