Fotografie di Claudia Costantini
Il mio viaggio fotografico è stato segnato da un profondo legame con il paesaggio che mi circondava. Attraverso l’obiettivo, ho esplorato la vita presente e passata, catturando tracce di identità e interiorità. “No man’s land” inizia nel 2009 come un periodico viaggio a piedi o in bicicletta nel raggio di 30km da casa mia.
Cercavo i segni della presenza umana, esplorando angoli di strade statali, argini di torrenti, ombre di alberi tagliati, luoghi già percorsi decine di volte. Vedevo nel paesaggio la presenza di significati e identità.
Con il tempo la mia percezione è cambiata così come cambiavo io e la serie si è trasformata da reportage a racconto autobiografico: le mie fotografie sono diventate lo specchio della mia delusione nel vedere scomparire i segni di una comunità un tempo solida e vivace. La consapevolezza del tempo perduto che non si può ritrovare ha reso la serie progressiva e rappresentativa di questa evoluzione.
Dopo il terremoto, le cose non mi restituiscono più nulla, la perdita diventa la chiave, la perdita del senso di identità e appartenenza, un sentimento abbastanza diffuso nel Friuli: la fotografia mi ha sempre aiutato a trovare luoghi e nuovi occhi ma dove ormai esiste solo il non-luogo, il senso della perdita è tutto quel che ho. Alberi che non ci sono più, amici persi, case in rovina. Il paesaggio è una terra di nessuno.
Sento il bisogno di trovare un nuovo luogo, un luogo diverso che possa riconciliarmi con la fotografia e farmi riscoprire il senso profondo che essa ha per me – La mia ricerca di un nuovo inizio. Restano i corsi d’acqua, custodi di ricordi d’estate: barlumi del tempo ritrovato.