Vorrei avere gli stessi diritti dei cormorani

 

Fotografie e testi di Nicola Roda / La Città Minaccia

Rubrica Perimetro Piacenza

Ci ricordavamo l’Emilia come la terra delle gare di Briscola, del liscio, delle pedane in acciaio alle sagre paesane. Come la terra della pasta all’uovo fatta a mano o delle sconfinate distese di campi arati, con la nebbia che si alza in inverno e i balloni di fieno gialli di mezza estate. Costruivamo le capanne nei boschi, andavamo a pescare e fumavamo le prime sigarette. Questa valle era il nostro mondo e noi la conoscevamo come le nostre tasche.

Oggi tutto cambia così velocemente da rendere impossibile la costruzione di qualcosa di stabile: alla certezza si è sostituita l’incertezza, al coraggio la paura, alla resistenza la resilienza, al futuro il presente, all’uomo la macchina, alla creatività l’obbedienza.

E allora, oggi, immaginiamo i nostri eroi come coloro che hanno resistito a questa ipermodernità coatta, a questi continui cambiamenti imposti da un modello di consumo che, nel falso mito del progresso, cerca disperatamente di tappare le falle che esso stesso ha creato. I nostri eroi sono quelli che non si sono piegati, che hanno ancora il perlinato alle pareti e che ti mettono nel piatto ciò che hanno pescato nel fiume o raccolto nel bosco, sotto le foglie di una quercia o di un faggio. Vogliamo bottiglie senza etichetta perché siamo certi che saranno più buone. Dateci cose vecchie, non nuove.

L’Osteria di Cisiano esiste dal 1995 e da allora non è mai cambiata.

E se l’atto politico piú poderoso fosse proprio quello di restare immobili?

Stefano è ancor prima che un cuoco un pescatore. Si lamenta spesso del fatto che per preparare le proprie fritture gli è consentito pescare solo una quantità limitata di stricci e alborelle, pesci bianchi di piccola taglia tipici della Trebbia, il fiume che scorre proprio sotto casa sua. Non comprende i motivi di questa limitazione che le normative giustificano con la protezione della fauna ittica. Al suo fianco, stormi di cormorani si nutrono ingordamente in un all you can eat fluviale.

Vorrei avere gli stessi diritti dei cormorani”, ha ripetuto più volte.

Nel frattempo, 9.600 km più a sud est, di fronte alla costa ovest della Malesia, nel mezzo dell’oceano indiano, le flotte di pescherecci a strascico giapponesi rastrellano i fondali mettendo a rischio la biodiversità ittica su scala globale, tutto nella totale assenza delle istituzioni.

Le autorità sono troppo occupate a controllare e contare gli stricci che pesca Stefano giu nel fiume, a Cisiano. Il timore è che sua mamma possa preparare così tante fritture da produrre fluttuazioni nel prezzo al chilo del mercato di Tsukiji, a Tokyo.

Luca è mio padre e ha trascorso la sua infanzia qui a Cisiano. Era un grafico pubblicitario, aveva fatto le prime locandine a mano, utilizzando la tecnica del collage, poco più che ventenne. È stato tra i primi in città ad avere un cellulare e poi un computer di marca Macintosh, quando la mela era ancora color arcobaleno. Aveva imparato i software di grafica prima e di sviluppo web poi, ma l’avvento di internet, con tanti giovani squattrinati disposti a prezzi da schiavi, ha fatto si che tutti clienti preferissero costi bassi ad un lavoro di qualità.

Dopo il Covid ha convinto Stefano a riaprire e oggi gli da una mano nella gestione. Dice che lo fa per il paese, per gli amici con cui ha condiviso l’infanzia. Io credo lo faccia per i ricordi che questo luogo proietta nella sua memoria.

Un Sindaco senza giuridizione, Corradone che attraversava i semarofi di Milano in moto completamente bendato e che oggi alleva varie specie di volatili in cantina, Giordano che una volta ha spostato una macchina parcheggiata male alzandola con le braccia, sua mamma Erminia alla quale i nuovi lavori della strada statale chiuderanno l’uscio di casa, Mucca che cucina sempre per tutti tranne che per il Sindaco, Luigi che ti può procurare una badante o una moglie rumena in un pomeriggio, chi dorme in un camper nel parcheggio di fronte per allungare la serata e non rischiare la patente, il Mandrillo di cui non si possono raccontare le gesta, ragazzi giovani che restano legati alle tradizioni e infinite altre storie che hanno senso solo se raccontate di persona.

A Cisiano c’è un patrimonio dell’umanità, un modo di essere e fare comunità in via di estinzione.

Ci ricordavamo l’Emilia come la nostra terra e oggi la sentiamo scivolarci via di mano.

I bambini che giocavano a calcio sotto la pioggia con il Supertele e i pantaloni sporchi di fango sulle ginocchia, gli scooter con il carburatore del 24 e le marmitte Malossi, le sale giochi con i flipper e Virtua Striker, gli anziani riuniti in piazza nel giorno del mercato, con le mani dietro alla schiena e i bianchi macchiati Campari, le Nike sempre un po’ sporche di terra, gli occhi rossi e i fuochi accesi in riva al fiume quando il cielo diventava blu.

È la provincia che sfuma e che presto sarà solo un ricordo lontano.