Fotografie di Pier Costantini
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“Dare corpo alla parola liberta’, sperimentare le infinite possibilita’ di quest’arte che permette di creare un personaggio che possa essere intrattenimento e messaggio politico” questo dice Carla Stracci Drag. Prima che di indentita’, Drag e’ sinonimo di liberta’, non si tratta di disforia di genere o di confusione nella propria identità sessuale. Quando parliamo del fenomeno Drag Queen, l’identità di chi si traveste è ben definita, mentre per le persone Transgender l’identità è una faccenda molto seria, la loro identità è cio che sono. Travestirsi significa prendersi gioco dell’identità o un gioco d’identità. Anche se spesso molte Drag Queen rivelano di essere transgender, l’idea di travestirsi non è sempre legata alla espressione di un malessere percepito da un individuo che non si riconosce nel proprio sesso fenotipico di nascita, ma assume i connotati del gioco. Cosa molto diversa e seria è quella di sentirsi ed appartenere ad un genere diverso da quello di nascita. Troppo spesso la nostra società, assuefatta da modelli sociali stereotipati, accecata dal giudizio sulla mera esteriorità, confonde i due mondi e li mescola lasciando trionfare il clichè ed il luogo comune.
Con il termine Drag Queen si definiscono artisti che si esibiscono in canti e balli, imitazioni e cabaret, estremizzando, con il loro trucco, aspetti di femminilità inconsueti nella quotidianità. Questa figura artistica risale al 1870, dove attori vestivano abiti da donna in teatro, visto che in quell’epoca era vietato alle donne intraprendere il teatro. Per cui il travestitismo maschile risale a quell’epoca. Le Drag Queen non vogliono emulare una figura femminile, ma vogliono semplicemente creare una personalità femminile tutta loro al fine di portare il personaggio creato in un evento specifico o in una performance, al fine di intrattenere il pubblico.
L’approccio italiano al drag ha uno stampo molto più teatrale, ispirato alle carriere dei grandi trasformisti. Con gli anni ‘90, le figure drag trovano maggiori spazi nell’ambito di discoteche e locali notturni, coniugando l’aspetto performativo a una maggior attenzione all’immagine. Le Drag Queen sono un inno a mostrarsi per ciò che si è, non è di certo un fenomeno da baraccone.
Chi entra nel mondo Drag, entra in un mondo fatto di gioco, si gioca con la propria identita’, si entra in un personaggio che permette di dire e fare cose che nella quotidianita’ non ci si concede di dire e fare. Stiamo vivendo in un’era di grande trasformazione sociale. La trasformazione in atto si basa sul ruolo cruciale dell’intelligenza umana, della conoscenza, della creativita. E’ un cambiamento in corso gia da anni e che continuerà per molti anni ancora. Sta trasformando non solo la nostra societa, ma anche la nostra vita, i nostri gusti e le nostre preferenze, e sta modificando anche la geografia della competizione globale e locale, la conformazione delle nostre citta e delle nostre regioni.
Secondo la prospettiva sociale vi sono principalmente due tipi d’identita’: quella sociale e quella personale. L’identita’ personale, definita anche individualista, privata e idiocentrica, analizza i diversi processi che attivano gli individui per conoscere se stessi.
L’identita’ sociale, e’ definita come la parte del se’ che deriva dalla consapevolezza di appartenere a un gruppo sociale. Il titolo del progetto DRAG IN/DRAG OUT rispecchia la dualita’ che intercorre tra l’essere dentro il personaggio e fuori il personaggio. Non e’ vero che a decidere di entrare nel mondo Drag siano solo appartenenti al mondo LGBTQI+, ci sono anche etero, padri di famiglia. Un progetto che vuole indagare il concetto di identita’, come definizione del se, del proprio io dicotomico, all’interno del mondo delle DRAG Milanesi.
GIN GIN MEZZANOTTE
Originario di Taiwan, mi chiamo Wang Pingjie. Fino a 18 anni ho vissuto un momento duro, ero molto femminile nei modi ed atteggiamenti e Taiwan non era una città cosi aperta. Io e Gin Gin Mezzanotte siamo con lo Yin e lo Yan, entrambi viviamo grazie all’energia dell’altra parte. Credo che Wang non possa esistere senza Gin Gin e viceversa. Sia mia nonna che mia mamma mi cucivano gli abiti dei personaggi dell’Opera taiwanese ed io giocavo ad indossare quegli abiti e recitavo a casa davanti a loro. Ho deciso di seguire la mia passione, la moda. Cosi mi sono trasferito a Milano ed ho frequentato la Marangoni. Nonostante Milano sia una città molto piu aperta di Taiwan, sentivo che mi mancava qualcosa. Nel 2019 ho frequentato Drama Milano, un queer cabaret molto conosciuto, da li a poco nasce il mio personaggio Gin Gin Mezzanotte. Quando sono IN DRAG, mi sento vivo, mi sento ispirato, divertente, allegro e mi aiuta a superare momenti difficili. C’è ancora molta confusione sul mondo Drag, molti pensano siano ragazze immagine da discoteca, ballerine da club, pochi vedono la Drag come vera artista. I miei genitori erano tradizionalisti, poi hanno capito con il tempo, ora sanno cosa faccio e mi sostengono. L’italia non è ancora aperta come vuol far sembrare, c’è bisogno ancora di molto tempo per avere una visione piu aperta e meno stereotipata, ma so che facciamo parte di qeusto cambiamento.
BIANCA OLIVEIRA
Mi sono avvicanata al mondo Drag 5 anni fa. Ma fin da piccola non mi sono mai sentita di appartenere al corpo che la natura mi aveva assegnato. Dennis è il mio nome di battesimo. E’ iniziato tutto per gioco, stavano facendo un concorso dove abitavo, in America Latina e ho voluto provare per vedere come ci si sentiva nel travestirsi. Cosi ho provato, ho partecipato al concorso e con grande sorpresa ho visto il concorso stesso, da lì Bianca ha iniziato il suo percorso da artista Drag e non si è mai fermata. E’ molto difficile intraprendere un percorso del genere, soprattutto per me che sono sola qui in Italia, a Milano. Quando sono IN DRAG, quando sono Bianca, sento di avere una grande forza. E’ Bianca che da forza a Dennis, per andare avanti. Mi piace molto lavorare come Drag, ed è l’unico lavoro che faccio ora e che mi permettere di vivere ed essere indipendente. Nel mondo Drag, ho trovato delle persone stupende che ora sono la mia famiglia e con cui mi sento bene, mi sento forte, ed è l’unica cosa che mi permette di andare avanti. A Bianca piace brillare, con paillettes e colori, ggioielli, strass, tulle. Sto crescendo tanto come Drag, e mi piace mostrarmi agli altri e condividere la gioia di essere Drag. Mi sento fortemente donna dentro e questo mi aiuta nel percorso di transizione che attualmente sto facendo, ma anche molto insicura perchè so che devo cambiare tutto in me, ma Bianca mi da tanta forza e so che è la cosa giusta da fare.
CARLA STRACCI
Mi sono avvicinato al mondo drag nel 2010 per gioco e quasi per sbaglio. Frequentavo le serate organizzate da Coming-Aut, associazione LGBTI+ di Pavia e il gruppetto di drag improvvisate e sciroccate (diventate la mia seconda famiglia) che si esibiva ai tempi una volta al mese era a corto di forze umane e artistiche. Io mi proposi di dare una mano perché danzatore per passione ma il fascino dei tacchi e delle parrucche era troppo forte per poter resistere. Così il 20 o 27 aprile 2010 (gli storici non sanno indicare la data esatta) feci il mio debutto e per la prima volta la parola libertà assunse un nuovo e favoloso significato. Per me essere Drag significa poter dare corpo alla parola libertà, sperimentare le infinite possibilità di quest’arte che permette di creare un personaggio che possa essere intrattenimento e messaggio politico. Significa faticare per essere prese sul serio come forma di spettacolo, mantenere un contatto con quello che il pubblico chiede e continuare a sperimentare, mettersi in discussione ed evolversi. In drag sono più sfrontata, diretta, disinvolta e disinibita. Mi sento “bellissima” e favolosa ma non mi prendo mai sul serio. Out of drag sono più riflessivo e posato, senza perdere quel pizzico di follia e di autoironia che fa parte del mio DNA.
CARLO BRUNI
Era il lontano 1990. In un locale di Milano si poteva assistere ad un spettacolo di Trasformismo, ora si chiama Drag queen Show, ma a quei tempi erano trasformisti. Infatti gli artisti non avevano nomi al femminile come oggi ed è anche questo il motivo per cui nome d’ arte è Carlo Bruni al maschile . Si è incomiciato a definirle Drag Queen dopo l’uscita del film “Priscilla la regina del deserto” , almeno qui in Italia. Tutti i giovedì sera ero li ad ammirare gli artisti che si esibivano. Nel corso tempo ho fatto anche amicizia con loro, dopo gli spettacoli. Una sera decisi di partecipare a un concorso, vincendolo. Da quel giorno è iniziata la mia carriera artistica. Mi chiesero di far parte di un gruppo che si esibiva ogni settimana; per creare il mio personaggio e le mie esibizioni mi proponevano dei temi ogni settimana. Una di queste sere il tema fu “il Circo”; in questa occasione decisi di interpretare Moira Orfei; personaggio che mi riuscì molto bene. Quella sera tra il pubblico c’era il titolare di un’ agenzia di sosia, il quale mi chiese di partecipare ad una puntata del “Maurizio Costanzo Show”. Da quel momento il mio personaggio di punta fu proprio lei, la Regina del Circo e fui invitato a varie trasmissioni televisive ed a serate ed eventi a tema. Nacque così la mia passione che poi diventò un vero e proprio lavoro. In Italia si può dire che le drag queen sono più che altro cabaret e comedy, a parte quelle che lavorano nelle Disco che fanno solo immagine. A differenza di quelle americane Noi non siamo coinvolte anche nel mondo politico. Siamo più personaggi per ogni tipo di evento; siamo adatte a qualsiasi pubblico, anche se in TV se ne vedono purtroppo poche. Credo perché ancora si pensa alla Drag come ad un Travestito, e non ad un artista o a una forma d’arte. Pian piano però si sta cambiando opinione, per fortuna! Io differenzio Carlo da “la Bruni” (la mia parte Drag). Carlo è più timido, mentre quando sono “La Bruni”, truccato e vestito, indosso praticamente una maschera; faccio e dico cose che da “Carlo” non riuscirebbero mai.