Intervista a Rosalba Piccinni

Fotografie di Pier Costantini
Intervista a cura di Paola Ronchi

 

 

 

Milano è la tua città d’adozione. Vi siete scelte e accolte a vicenda?

 

Fin da piccola sapevo che volevo fare la cantante. Divento fiorista per caso, quando inizio a lavorare a sedici anni in un negozio di fiori a Bergamo, che rilevo undici anni dopo.
Nel mentre continuo a seguire l’altra mia passione, il canto.
Milano era inevitabile.

Le mie passioni hanno sempre mosso i miei passi e ad un certo punto, quando decido di voler diventare grande, capisco che devo andare in una grande città, nella Metropoli europea per eccellenza. Per me Milano è sempre stata ed è la Metropoli delle possibilità.

Mi ha attratta come quei grandi amori irresistibili, rapita per tutta la vita. Ti mette spesso alla prova, ma le sfide stimolano a dare il meglio di sé: ogni sfida è una nuova possibilità di esprimere il proprio estro. Spero che questo amore sia stato reciproco

 

 

 

 

 

Esiste un quartiere che ti fa respirare aria di casa?

 

A luglio del 2009, passeggiando a Milano, accompagnai un’amica milanese in banca e vidi sull’angolo di fronte uno spazio vuoto, in affitto. Me ne innamorai. Chiamai il proprietario e dopo 3 giorni esatti lo visitai e decisi di aprire lì un negozio. Via Broggi. PORTA VENEZIA.

Il 7 Dicembre 2009 vengo adottata da Milano, non ci poteva essere data migliore. All’epoca Milano non la conoscevo, non ero neppure mai stata in San Babila.

La fortuna di trovare dopo non molto una casa lì in zona … e di scoprire un luogo cult della Milano da bere, il Bar Basso … impregnato di storia di ieri, di oggi …

Anche adesso è la zona che vivo di più, perché mi ha accolta 12 anni fa e ancora, dopo tanto peregrinare per la città, sento sempre aria di casa.

 

 

 

 

 

La parola Potafiori ha un significato bellissimo e profondo, hai voglia di raccontarcelo e spiegarci il perchè di questa scelta per il tuo rifugio milanese?

Mi serviva una parola magica che racchiudesse all’interno di essa tutti i contenuti di cui avevo bisogno.
Volevo mantenere la parola FIORI, perchè raccontava le mie esperienze di vita nell’ambito floreale, da cui partivo.

L’accoglienza
La vita
L’amore
Il divertimento
La condivisione
Il sentirsi a casa

Cosa meglio di POTA poteva chiudere il cerchio.
POTA, l’intercalare bergamasco che per altro contraddistingue la mia parlata.
Mi sembrava giusto dare un contenuto, un contenitore ai fiori, il contenitore da dove nasce la vita.

POTAFIORI:
pota (l’origine della vita, la vagina, l’utero che è a forma di vaso)
pot-a-flowers (contenitore di fiori, vaso)
Pot (pentola, cibo)

Quando racconto POTAFIORI lo descrivo come una “casa senza porte”.
Un luogo di condivisione. Dove si vuole trovare il tempo da dedicare al bello, allo stupore, alla vita.
Nascendo da una visione, è in quanto tale sfaccettata, complessa, in continuo divenire e proiettata in un futuro che ancora non c’è, ma che succederà.

POTAFIORI è un desiderio che si esprime ogni giorno nella freschezza dei suoi fiori, nel gusto dei suoi piatti, nella spontaneità delle persone che lo hanno creato e nella fiducia dei suoi ospiti che ogni giorno lo fanno vibrare di emozioni. POTAFIORI è sentirsi a casa. E’ la mia casa, dove spesso assieme ad amici musicisti improvvisiamo serate musicali.

 

 

 

 

 

 

 

Il mondo digitale e la frenesia sempre più dilagante del “tutto a portata di mano” ci allontaneranno secondo te poco a poco dal desiderio di sentire i profumi, accarezzare un fiore o ascoltare della buona musica dal vivo?

 

Assolutamente no!

Il digitale anche grazie a questo momento difficile è riuscito a trovare la strada giusta per arrivare agli utenti in maniera facile e veloce. E se poi convertito al tradizionale che si reinventa, allora il successo è assicurato. Perché si può fare, perché il mondo che cambia nel rispetto del buon senso ha senso!

 

 

 

Questi scatti sono stati realizzati in giorni di chiusura, ma nel tuo luogo incantato si respirava comunque energia e aria di cambiamento positivo. Cosa ti aspetti dalla tua città adottiva per il prossimo domani e quali progetti hai in mente per lei?

 

Da questa città, ma dall’intero paese, mi aspetto cura, assistenza e un po’ di protezione, necessari per lo sviluppo delle idee. E siccome ne ho tante vorrei sentirmi più leggera nell’affrontare un nuovo percorso. Continuate a seguirmi e scoprirete cosa mi passa per la testa!

 

 

 

 

 

Due spazi a Milano, uno appena aperto a Bergamo, un libro, musica. Regali moltissima energia, che sicuramente ti arriva dalla gioia di quello che fai. Ma tu quali spazi ti concedi per ricaricarti?

 

Ho avuto la fortuna che in tutti questi anni di lavoro, ormai oltre 35, ho potuto unire tutte le mie passioni, ed è proprio questo fil rouge che mi da la carica maggiore. La mia passione per il bello, per la semplicità e per la creatività che non ha confini, che giorno dopo giorno mi sprona a continuare su questa strada.

Staccare la spina per me vuol dire viaggiare, nella mia testa viaggio continuamente. Il viaggio è come i sogni, da spazio alle visioni e ai progetti. Bisogna viaggiare, ma poi bisogna sapersi fermare e metterli in pratica; magari non andranno in porto tutti ma una buona parte si e solo così sarai soddisfatto di ciò che hai costruito e di ciò che hai desiderato.

Tutte le cose che faccio le faccio d’istinto. Il mio controller è la pancia, è da lì che misuro la qualità della mia visione, della mia idea, è lei che mi sprona e fa da ambasciatore alla mia testa.

Mai stanca di mettermi alla prova, sempre con centomila idee nella testa e nel cuore, mi ricarico così, facendo e creando.

E ogni tanto stacco la spina.
Per ripartire più intensa di prima.