Chi siete, qual è il vostro percorso?
Pluggers alla fine sono due persone; Olly e Koki. Prima di Pluggers abbiamo entrambe lavorato a vari progetti legati soprattutto al rap e alla comunicazione, fra cui Rapburger e The Flow su Deejay TV. Poi non è che ci è balenata l’idea di fare un’etichetta; è stato un processo randomico per cui inizialmente amici rapper ci chiedevano consigli per la comunicazione e abbiamo creato un ufficio stampa, poi volevamo mettere online la loro musica e ci siamo strutturati per farlo… a un certo punto ci siamo detti; “oh alla fine Pluggers è un’etichetta”.
Chi avete nel vostro roster e qual è la caratteristica principale della vostra etichetta?
Noi, grazie all’amico Nic Sarno, abbiamo un motto: “siamo l’errore”. Inizialmente lavoravamo con artisti che facevano fatica a trovare posto in altre strutture e penso che questa cosa ci sia rimasta nel dna; mi piace pensare che pubblichiamo dischi, così estremi e veri e poco confezionati, che gli altri si rifiuterebbero di farlo. Nel nostro roster ci sono: Massimo Pericolo, i Wing Klan che sono un duo romano bello estremo che fa una trap, il giovane Drimer, il giovanissimo producer No Label, Barracano, i nostri amici e collaboratori Phra e Nic Sarno e… forse Ugo Borghetti.
Fino a dove secondo voi potete accompagnare un’artista? Arriva il momento in cui si accetta di lasciarlo andare in una struttura più grande per il suo bene?
Noi non ce la viviamo così. Ogni artista di successo ha un suo team, persone intorno a lui che lo aiutano e lo consigliano; non è una questione di major o indipendente, ma di quant’è forte questa squadra.
Alcuni degli artisti italiani di maggior successo degli ultimi anni stanno ancora lavorando con la label che li ha portati al successo e non sono limitati da questo. Evidentemente hanno una buona squadra attorno a loro.
Questo è un buon momento per la musica indipendente italiana?
Forse si parla poco di quanto sia davvero un gran momento per la l’industria musicale in generale. Dopo tanti anni di grandi difficoltà si possono proporre progetti coraggiosi ed avere successo; certe cose anche solo 2/3 anni fa erano impensabili. Siamo molto grati di aver avuto questa chance: negli anni passati molte persone con una grande attitudine e, in molti casi, pure più bravi di noi non ha avuto questa possibilità.
Milano, è questo il posto giusto per essere operativi ed è qui che gli artisti cercano creare la propria base.
C’è una struttura o storia italiana o straniera a cui vi ispirate o che vi è stata da esempio?
Milano è la città perfetta per l’industria musicale e per noi. Funziona, è aperta, è europea… oh non è perfetta, ma manco noi lo siamo!
Abbiamo tantissimi eroi: uno è sicuramente Tony Wilson, fondatore della factory records, per la pazzia e la visione che aveva nel proporre i suoi progetti.
Ovviamente adoriamo anche realtà come Def Jux e Stones Throw.
Qual è il sogno più grande che custodisce nel cassetto chi apre un’ etichetta indipendente?
La musica è strana. Se uno apre un’etichetta facendo grandi proclami “siamo arrivati noi adesso cambia tutto”, l’intera industria ti fa una grandissima pernacchia e tempo 2 anni hai chiuso.
Direi che se fra 10 anni Pluggers esiste ancora e fa ancora musica in qualche modo rilevante sarebbe davvero un grande successo. Anche se le cose vanno bene, siamo sempre a una decisione sbagliata di distanza dal tornarcene a casa.